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EROS E MORTE

 

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EROS E MORTE

Eros e morte

camminano insieme,

l’uno a fianco dell’altro,

dall’origine dell’universo

sino all’eternità.

Non può esistere il sesso

senza l’incombente presenza della morte,

e non si può morire per sempre

se non si sparge prima su questa terra il seme dell’amore.

Ogni essere umano comincia a morire

da quando un orgasmo lo genera,

e conserva nella memoria d’una lapide

parte di quell’amore che non separa la vita dalla morte.

Non c’è maga Circe capace di convincere Ulisse

col dono dell’immortalità,

e non esiste spada di Damocle sul punto di crollare

che spaventi l’uomo

perchè quest’ultimo, bramoso d’avere tutto e subito,

ostinato e vanitoso,

innamorato di quel breve soffio che è la vita,

è pronto a sfidare persino gli dei primeggiando

pur di amare e morire,

respirando fino all’ultimo alito di vita,

sfruttando anche l’ultima goccia di sangue che arrivi al cuore.

Dinanzi a tanta meravigliosa presunzione di vitalità

anche l’Onnipotente resterebbe senza parole.

MADRE E FIGLIO

Perchè sei così sporco, figlio mio?

sembri il figlio di nessuno!

Ho fatto l’amore per la prima volta, madre!

con una grande signora.

Perchè l’hai fatto, figlio mio?

c’è il tempo giusto per ogni cosa.

Volevo farlo, madre!

non volevo avere rimpianti.

Ma sei impazzito, figlio mio!

hai imboccato una strada sbagliata.

Forse sto sbagliando, madre!

ma abbiamo sentito di farlo sulla terra e nel fango.

Tu hai perso il senno della ragione, figlio mio!

non ascolti più neanche tua madre.

Io ti voglio ancora bene, madre!

ma oggi ho scoperto di avere un’altra madre:

è questa terra che stringo nelle mani,

e l’aria che sto respirando,

e la natura, il mondo, l’universo

e tutto ciò che mi sta intorno.

E quando mi sentirò triste e solo,

mi arrotolerò con gioia nel fango,

soffierò felice sulla polvere delle mie mani,

bacerò i fiori dei campi

e mi laverò la faccia con l’acqua dei ruscelli.

Non ti capisco e non ti riconosco più, figlio mio!

ma come parli?

Io invece ora mi conosco bene, madre!

parlo col linguaggio dell’amore!

E darei tutto quel che ho

pur di trasmetterti la felicità che ho dentro.

IL MIO CORPO SUL TUO CORPO

Il mio corpo sul tuo corpo

si muove lentamente.

Il mio corpo sul tuo corpo

si dimena dolcemente.

Voglio scoprire il tuo segreto,

sprofondare nell’intima tua essenza

fino a esplodere in te violentemente

svuotando il mio liquido nel tuo nido inebriante.

Ora che sono in te

non puoi più nascondermi nulla,

ho svelato il tuo mistero di donna,

io ti possiedo, so tutto di te.

Prepotente,

sono entrato nella tua inesplorata caverna,

e nei tuoi umidi anfratti

sto scivolando.

Sono io il tuo corpo.

Sono io l’universo.

BIANCANEVE

Ragazzini eravamo forse bambini

una decina circa non di più

8-10-13 anni al massimo

queste le nostre età.

35 anni aveva lei se ben ricordo

Biancaneve la chiamavamo noi,

per cinquemila lire il pisellino ci toccava,

per dieci lo succhiava.

Infine per trentamila l’amore faceva

e sempre con uno per volta

mai tutti assieme

o più di uno.

Com’era bella Biancaneve nostra!

Com’era dolce e comprensiva!

Come ci sapeva fare!

Un dolce segreto era e nessuno di noi mai parlò.

Per caso l’ho rivista dopo 30 anni e forse più

appesantita, invecchiata, sfiorita, la nonna pareva

di quella Biancaneve conosciuta allora

ma un sussulto al cuore ho avuto lo stesso nel vederla:

“Biancaneve!”

d’istinto le ho detto senza volerlo;

“Prego?”

mi ha risposto stupita lei.

LE TUE MANI

Le tue mani morbide più della seta

sfiorano con dolcezza il mio pene,

lo accarezzano,

lo stringono,

lo muovono.

Chiudo gli occhi

mi concentro su quel delizioso piacere,

sospiro piano,

mi abbandono vinto,

abbraccio l’estasi.

Come un trovatello ragazzino

stretto fra le tue mani,

il mio membro si lascia andare,

cresce sempre più

nell’eccitante movimento d’un’altalena.

Il cuore ora sembra scoppiarmi in petto,

incontrollabile diviene il mio respiro,

esplode come neve bianca

il succo del mio piacere

splendido dono per le tue sapienti mani.

 

AMPLESSO

I nostri corpi che si scontrano

e si possiedono senza tregua.

Pelle bollente,

segnata,

battuta,

e il sangue che scorre dentro

impazzito.

Fluisco dentro di te

come un’onda inarrestabile

che mi porta a riva,

e poi

mi spinge di nuovo al largo.

Scopro limiti che mi fai superare

ancora prima che io me li ponga.

Non resisto perchè non voglio resistere.

Prima ti penetro la mente con la mente,

poi il sesso con il sesso.

Il tuo corpo apre la folle danza del piacere

e il mio puntuale risponde.

Penetro in te in profondità.

E’ come se io stesso entrassi in me,

scavando tra emozioni e desideri

che non conosco

e scopro ogni volta come fosse la prima.

Ti accarezzo

come un soffio di vento

e mi scuoto quando esplodo in te,

quando godo nella parte più intima del tuo corpo,

quando esce l’animale che ruggisce dentro di me.

E in quei momenti,

possiedo anche la parte più intima

della tua anima.

Ti faccio gemere, urlare, tremare, godere, venire.

Per me tu sei sempre

completamente nuda

anche quando sei vestita,

mai ho desiderato tanto conoscerti!

possederti!

amarti!

TI POSSIEDO

Ti guardo negli occhi fiore del male

e poi ti bacio tirandoti i capelli.

Ti mordo forte le labbra,

ti strattono, ti sgrido, infine ti faccio gemere.

Stringo la tua carne fra le mie mani,

ti spoglio fin dove voglio,

ti costringo in tutto e per tutto.

Ti colpisco forte e non smetto

neppure quando mi supplichi,

poi piego il tuo corpo sul tavolo

e ti espongo, ti offro, ti apro.

Ti insulto,

ti faccio promettere l’impossibile,

m’impongo e dispongo di te,

ti infilo dietro qualsiasi cosa,

la forzo sempre più dentro lasciandola lì come dolce tortura,

ti ficco il mio sesso in bocca fino a non farti respirare.

Poi ti alzo il volto e ti guardo,

ti penetro col mio membro

riempiendoti di me e di altro.

Ignorando le tue lacrime

ti sbatto violentemente,

ti uso,

ti possiedo.

Non puoi più pensare ora

e nemmeno agire: kamasutra dammi l’estasi!

Finalmente ti ho dominata,

mi appartieni,

sei totalmente mia.

LEGATO

E’ inquietante

questa corda nera

come l’atmosfera che respiro

attraverso la benda.

Mi preme sulla pelle

e mentre imprime strani disegni su di essa

sembra che il fuoco divoratore di cui è capace

mi trasformi ammaestrandomi con disciplina.

In preda a questo vizio perverso

che mi hai insegnato,

non so difendermi

nè voglio, mi lascio andare sconvolto nei sensi.

Questa corda mi appartiene,

i suoi fili intrecciati m’immobilizzano

iniettando nei miei occhi

sete di sfida.

Le parti del mio corpo vibrano

imprigionate in quella ragnatela di piacere,

risalta inconfondibile il desiderio

di abbandonarmi completamente a te.

Se non fosse stato creato il piacere sessuale

quanti peccati legati ad esso

non sarebbero stati commessi!

E’ perché è considerato peccato se piace così tanto?

Può il piacere sessuale essere anche piacere dell’anima?

STRANE SENSAZIONI

Strane sensazioni pervadono il corpo e la mente

mi attraversano, mi riempiono, mi lacerano, mi annientano:

la frusta, le corde, le catene

tutto mi consuma.

Attraversato, riempito, lacerato e infine annientato

e poi ancora sconfitto, umiliato, usato

in qualunque gesto, in ogni parte del corpo.

Quale grande capacità possiedi!

Quante infinite sensazioni mi regali!

Che potente nettare di piacere mi offri!

Strane sensazioni mi vincono

fino a divenire un tutt’uno di orgasmi

in una perfetta simbiosi.

IL MIO IMPERO

Sono entrato prepotentemente

nella tua anima fortificata.

Inesorabile ho abbattuto ogni tua difesa

e conquistato la tua nuda terra.

E ora

senza nessuna clemenza, nessun mistero

ciò che un tempo era soltanto tuo

adesso è anche mio.

Mi muovo espandendomi dentro te,

come fuoco che brucia appare il mio pene

forte quando divampa,

umiliato quando si spegne.

Ma anche tu sei crollata senza scampo,

nel tuo fragile corpo ormai

ho costruito il mio impero.

Arrenditi a me!

PAGLIACCIO BAMBINO

Tu sensuale, invitante, carnale

magica e perfetta nelle tue assurde follie di donna.

Gemiti appena sussurrati,

orgasmi urlati a squarciagola

ma sei sempre tu, tu e soltanto tu

dolce e glaciale, candida e perversa,

lucente angelo meravigliosamente diabolico.

Tu carne e cibo della mia mente,

pericoloso rifugio per la mia anima,

cavallone impazzito che travolge il mio mare di insicurezza.

Sento di essere un uomo

solo nell’istante in cui vengo in te,

poi torno e resto per sempre

pagliaccio bambino.

LA FINE DELLA MAGIA

Il mio respiro,

il suo.

Il mio battito,

il suo.

I respiri che si accordano

ritmici,

affannosi,

incalzanti,

ansimanti.

Il cuore

batte, batte, batte

tutto il petto batte,

pulsa in gola,

pulsa nell’anima.

I pensieri assumono lo stesso ritmo,

la stessa intensità,

si uniscono,

si esaltano.

Un crescendo folle e continuo:

vertigini,

ronzii,

la mente

che ha lasciato ogni controllo.

Le emozioni

sono padrone dei corpi.

Avvinghiarsi,

rotolarsi,

ubriacarsi,

urlare.

Secrezioni,

sudore,

saliva,

odori intensi.

Segnale della fine

o è solo l’inizio?

Silenzio…

assaporando la fine della magia.

SOLO UN ISTANTE

Il cuore che scoppia,

il respiro affannoso.

Esplodo finalmente

come unico rimedio

per non impazzire di piacere

ma è solo un istante!

La mente si svuota,

lentamente sento uscire

poco a poco ciò che è di lei.

Non sento più le mani, le gambe

non so più chi e dove sono:

odore, sudore, respiro

non sento più nulla!

non ho più un corpo,

mi sfugge l’anima.

E’ solo un istante,

poi mi sento leggero.

Una piuma che lieve

si culla tra le nuvole

in un cielo immenso

e mai si posa.

Rientro di colpo nella realtà

disteso sopra il suo corpo abbandonato:

ho soltanto amato!

FRA LE TUE COSCE

Ora che mi ritrovo fra le tue cosce

vorrei stare fermo per un istante:

donna di terra e di acqua

plasma la mia nella tua intensità!

invadi anche la mia mente!

prendi tutto del mio essere!

Io cane fedele d’ogni tuo desiderio

desisto nel non voler più il poeta in me

in questa sera di stelle senza tempo,

dove in una folle danza di erotismo

si perde persino il mio gemito

formica nella tua foresta di peli.

Donna che mi ami senza amore,

non è alba o tramonto,

non è estate o inverno

e non è nemmeno gioia o dolore:

è un fiore che germoglierà tra le tue cosce

donato insieme con te a questo mondo.

NETTARE DI TE

Col fuoco addosso

umida tana

non placa il rogo

che di te s’avvampa.

Dentro il tuo corpo

su quel sentiero

inseguo paradisi

a luci spente.

Nel tuo regno

frugo l’oscuro

cercando sensazioni

oltre il tempo.

Ti desidero

in quel possederti

gocce di sole vanno

oltre il cielo.

Esplorandoti

oscuro tunnel

dov’è racchiusa in te

luce di stelle.

Sabbie mobili

affondano nel clitoride

ma in quel cader mio

non cerco scampo.

Mappe d’estasi

sul tuo mare

disegnano le magie

dell’infinito.

Nettare di te

raccolgo le gocce

d’oscuri paradisi

fra i cespugli.

UN LAMPO NELL’OMBRA

Donna completa, mela carnale, luna calda

denso aroma d’alghe, fango e luce mischiati

quale oscura chiarezza s’apre tra le tue colonne?

Quale antica notte tocca l’uomo con i suoi sensi?

Ahi! amare è un viaggio con acqua e con stelle,

con aria soffocata e brusche tempeste di farina,

amare è un combattimento di lampi

fra due corpi da un solo miele sconfitti.

Bacio a bacio percorro il tuo piccolo infinito,

i tuoi margini, i tuoi fiumi, i tuoi minuscoli villaggi,

e il fuoco genitale trasformato in delizia

corre per i sottili cammini del sangue,

si precipita come un garofano notturno

fino a essere e non essere che un lampo nell’ombra.

EROS D’ESTATE

E siamo

mari in tempesta

venti che onde

già portano in cielo,

aliti ardenti

che accendono di fiamma

l’umida tua pelle.

S’intrecciano le dita

a catturar magie

mentre

sotto le stelle

un vulcano si risveglia.

Nudi

vestiti d’amore,

ci prendiamo,

ci sentiamo

annullandoci a vicenda.

Il tempo dei sogni

s’è assopito,

ora pulsa la vita,

l’amore!

Ed il respiro,

frenetico,

corre

sui ritmi

dell’estate.

CANTO DI DELIZIA

La mia lingua sfiora la tua lingua,

il mio sesso nel tuo sesso,

il mio cuore nel tuo cuore,

la mia vita nella tua.

Anima sguarnita da ogni vincolo

stretta a me in un desiderio sfrenato

rincorre la perfetta incarnazione del godimento.

Bagnato è il tuo corpo

di linfa sacra

dove riposa la più alta eccitazione

delle fantasie più proibite ed inconscie.

Profumo di rose appena colte

sparse nel tuo campo che ho appena sconfinato,

in un sussulto il tuo respiro

sa di mandorle e canditi.

I tuoi vagiti si fondono con i miei

creando intensi movimenti fisici

di pura creazione artistica

tramutandosi in un canto di delizia.

GODI

Eccoti giungere

stanotte e mille altre ancora

preda esclusiva del mio letto,

trappola divina di desiderio.

Su colline di creta morbida

i miei baci sparpagliati,

accarezzami con gli occhi

mentre scorri sul mio cuore arso.

Benvenuta, entra!

Spengo la luce?

Soffio sul buio e ti accolgo,

senza una parola

ingurgiti il mio sesso

bevendone avida il succo.

In un abbraccio stordito

mi trascini giù

su lenzuola chiare

che odorano ancora di candele spente,

ritratto di mani voraci e volti sconosciuti.

Nel silenzio

che ci avvolge insieme,

strappi incauti di sospiri, atti più impuri

orgasmi che ritmicamente si susseguono

e che rammendo senza fretta.

No, non chiedermi niente! Sei già proposta indecente.

Godi…

OMBRE SUL MIO GIACIGLIO

Non sarà nè legno nè pietra

a vegliare sul mio riposo,

nè sarà un fiore

il pegno del ricordo.

E non saranno le fronde dei cipressi

a fare ombre sul mio giaciglio,

nè epitaffio nè voce nè ricordo di un caro

come amara consolazione del mio definitivo viaggio.

La terra è la mia culla,

la selva intatta il mio nascondiglio,

la polvere e gli sterpi il dolce lenzuolo,

il silenzio il mio unico compagno.

 

ESSENZA LARVALE

Su strada nera conduco i miei passi,

nascosto oltre un nulla d’infinito,

una volta oscura sovrastante incombe.

Ascolto le cadenti lacrime della natura,

scendono sul mondo e me

cencioso essere mortale.

Enigma è la mia inesistente provvidenza,

nichilismo dei buoni sentimenti

icone perdute di essi.

Come dalla psiche profonda

omissioni di verità approdano

caricandomi di brama di comprensibilità.

Fuori da mura di pelle

le febbri son più grandi

dei geli del cuore.

Respiro zolfi del mondo

dove il calore diviene sempre più tenuo,

solo fredde spinte sussistono in me.

Nessun vigore ausilia la triste marcia,

tranne un’anomia fredda come il cuore

d’essenza larvale che sono.

E soltanto ora la mia anima maledetta

comprende il senso insensato

di un’esistenza di vela senza vento,

di airone senza ali,

di carne senz’anima.

NULLA ESISTE OLTRE I SOGNI

Nel buio della notte,

seduto sull’orlo di un precipizio,

ammiro la bellezza della luna,

il suo pallore è come il viso della morte

che affamata di anime

attraversa l’aria contaminandola.

Niente!

solo oscuri pensieri

che trafiggono la mia mente,

grigie lame di metallo

che perforano la mia anima,

sangue che scorre

lungo il mio corpo.

Il cammino da seguire è lungo

ma non riesco più a vedere oltre,

non ce la faccio a capire,

non posso più correre.

Morfeo mi avvolge nel suo mantello ramato,

lacrime di morte

scendono dal cielo illuminato dalla triste luna

mentre il vento sfiora il mio corpo

e la solitudine mi trascina nella valle della morte.

Ho perso ogni mia speranza,

il fuoco della vita brucia il mio spettro.

Nulla esiste

oltre ai sogni,

mondi fantastici di oracoli e maghi

che cancellano la realtà.

DEPRESSIONE

La salute c’è

non presenta nessuna malattia.

Eppure è così deperita,

quando dorme sembra morta!

Cos’ha questa povera ragazza?

Non ha niente!

Ha solo il verme

della depressione

che la sta consumando

pian piano

ogni giorno di più.

ANGELI SPORCHI

Essere due piccole gocce di inchiostro nero

su una tela dipinta

ove falsi colori vivaci

esaltano con cattiveria e pregiudizio

la loro diversità:

non spetta anche a loro sognare l’armonia?

No! il cielo non ammette angeli sporchi

e violento strappa loro le ali.

Essere creati

per vivere accanto alla colpa,

insieme alla vergogna

ma di cosa?

Di essere diversi? Ma da chi? Perchè?

Domande che chiamano altre domande

in un girotondo senza risposte.

La confusione aumenta

al pari di uno strano risentimento

che fa soffocare,

che induce a dubitare:

E’ questo ciò che gli altri vogliono da loro?

Che non esistano?

E’ quello che vuole il loro Dio?

Che non esistano?

Sì! il cielo non ammette angeli sporchi

e graffia la carne sotto la loro pelle.

Ho visto quelle due piccole gocce avvicinarsi

fino a diventare una sola,

angeli che finalmente hanno qualcuno

che asciughi le loro lacrime,

che li accarezzi,

che li abbracci!

Angeli sporchi

che ora si stringono tra loro

consolandosi a vicenda.

Un solo gesto,

un grande coraggio!

Il piacere profondo del peccato giudicato dagli altri

peccato come realizzazione di un sogno

come fuga da un mondo ipocrita in bianco e nero,

come vendetta verso una madre

che cerca di soffocare sul nascere

le proprie creature.

Perchè mai l’uomo

non rispetta l’uomo?

Non riesco proprio a capire…

LA BESTIA RARA

Sguardi sconosciuti,

persone che mi scrutano, esaminano, giudicano

che ridono guardando

verso di me o nel vuoto.

Non so…

in qualunque caso

sono persone come altre

che seguono la massa.

Non apprezzano la diversità come novità.

Alcune mi fissano

come se fossi una bestia rara, un bersaglio da colpire

a volte mi fanno paura

sembra che mi disprezzino,

che vogliano farmi del male.

Forse solo perchè mi distinguo dal gregge

e sono per inclinazione

fuori dal coro.

Mi sento un ebreo fra i nazisti.

Ma io non sono nato per far fare numero

o per consumare ossigeno prezioso,

ho un’anima con me anch’io,

preziosa e brillante più di un tesoro,

io e Dio soltanto

sappiamo bene il valore che ha.

I MIEI PIU’ ATROCI INCUBI

Sono stato al parco.

Era notte.

Buio.

Cielo nero a sovrastarmi.

Incerto presagio di fine.

Io e l’oscurità.

Mi sono inginocchiato

ai piedi dell’acqua sporca che scorreva.

Ho rivisto il mio volto,

nel silenzio ho urlato,

ho urlato,

urlato!

fino a non avere più voce.

Non ero solo,

eppure mi sentivo come abbandonato.

La solita sensazione di dispersione

che si impadroniva nuovamente di me.

Sarei voluto correre via, scappare via

veloce, sempre più veloce

ma sono rimasto paralizzato

senza armature per difendermi

vittima dei miei più atroci incubi.

OMBROSI PENSIERI

Desolazione d’anime

nella valle dell’attesa.

Da crisalidi pendenti

cadono lembi di carne putrida

(adombrata metamorfosi

di esseri un tempo umani).

Coltivazioni demoniache

di ombrosi pensieri.

PERDUTI

Percorrendo una vuota spirale

alla fine della quale troveremo noi stessi,

osserviamo la nostra ombra crollare al suolo

affrontando il riflesso di una nostra immagine residua

concepita nella più cupa desolazione.

Giacendo su queste corrotte strade di vorticanti pensieri,

mentendo ai nostri propri stati mentali,

tratteniamo tutto ciò che non saremmo

anelando a ciò che ci è proibito.

Un delirio di onnipotenza è ciò che chiamiamo conoscenza

senza renderci conto che il decadimento è solo un passo avanti

ma la vanità in cui crogioliamo

si è mutata nella nostra gloriosa tomba cristallina

coesione sublimata di un ego inferiore pieno di incompiutezze.

L’umanità si consola aspettando l’arrivo di un nuovo messia sintetico che possa risanare i nostri corti circuiti interiori

decretando l’annullamento dei nostri ultimi atomi,

così saremo definitivamente perduti.

SORELLA MORTE

Gioco con le mie emozioni,

una manciata di biglie di vetro nella mia mano.

Per ogni biglia infranta

un sogno si dissolve.

Resto a fissare

il cupo riflesso della mia noia,

Biglia infranta,

crepa nel mio cuore.

Frammenti di vetro,

illusioni svanite.

Con sguardo apatico

osservo pezzi di intonaco volare via,

e non tenderò alcun muscolo

posseduto da un’inerte volontà,

non cercherò di andare al di là di questo velo

che mi copre tutto.

La mia anima si scioglie,

ogni cosa grava, ingarbugliati pensieri

nulla emana benefica essenza.

Ardo di una luce opaca.

Fallo con grazia, sorella morte

spegnimi con un soffio!

UN MONDO DISFATTO

Il mio demone mi mostra la realtà più brutta di com’è

guarda attraverso i miei occhi deformandola

e contempla un modo disfatto.

Il canto della sirena

giace impotente ai piedi del rumore.

Il senso della vita

ha perduto lo scettro,

resta una lapide senza nome

del tempo che fu.

Il mausoleo del giardino delle rose

è stato violato

da malvagi profanatori.

Ma non riesco a gioire

nel vederli annegare

in laghi di sangue.

L’amore perduto

non tornerà mai più

a specchiarsi dentro di me.

Siringa e sangue lungo il mio cammino,

confini sordi alla realtà per la mia mente in gabbia,

ciechi gli occhi dello spirito.

Non so come uscirne fuori!

IL SERPENTE

Un’eco

insegue la mia fuga,

è una lingua di fuoco

che tutto brucia

e che quando mi raggiungerà

consumerà il mio essere.

È forte solo perché io gli permetto di esserlo.

Il vortice

si avvicina sempre di più,

gira

sempre più forte,

e il suo buco nero,

al centro,

mi risucchia,

mi avvolge i sensi e la mente.

Annaspo nel turbinio

ed ho paura di toccarti

per non contaminare anche te

e trascinarti con me

nell’immenso occhio nero.

Vedi accanto a te un mostro con tante teste

il grande serpente

che oscilla fra te e il futuro?

Vedi

le sue lingue di fuoco

che bruciano tutto davanti ai tuoi passi?

E non senti i suoi piedi

calpestare la polvere,

bruciare nella cenere?

Ridicolo essere umano, ammasso di briciole tenute su dalla presunzione,

non puoi vincere

una potente soprannaturale forza.

Ti prego

guarda accanto a te: E’ bugiardo! Abile mistificatore!

Non si rivela mai per quel che è realmente:

è il tuo serpente!

QUEL CHE SONO NON MI PRENDE

Chiuderei gli occhi

e in un soffio me ne andrei

stanco di tutto,

il solo respirare

mi affatica,

qualcosa mi opprime,

credo sia il peso della vita.

Mi guardo allo specchio

e fisso l’obbrobrio riflesso.

Continuo a guardare quella oscena figura

fino a sferrargli un pugno,

osservo il sangue scorrere sulla mia mano,

e mi perdo nei piccoli frammenti dello specchio

ma è ancora lì:

Cosa vuole questa vita da me? Perche mi ha voluto?

Non l’ho chiesto, non ho desiderato esserci

ho pregato per andarmene!

Perchè quel che sono non mi prende?

Un’eternità di nulla, una vita di vuoti, solo rimpianti!

Nessuna lacrima, forti dolori, un grande amore!

Sono all’inferno, spiritualmente morto

immenso vuoto e depressione.

Come ombra che svanisce alzo bandiera bianca.

Poi e per sempre

solo morte!

INVOLUCRO DI CARNE

Piccola anima

accartocciata dentro un involucro di carne,

il tuo respiro attraversa il petto.

C’è luce, c’è ombra.

Ancora luce e di nuovo ombra.

La mano ascolta il tumulo, l’ossessione.

La punta della penna solca il foglio.

Scrivi per te, scrivi di te.

Mi parli di una realtà che regna dietro tante porte chiuse.

Di sangue del proprio sangue.

Di verità custodite nel silenzio.

Fa tutto parte del gioco,

tu stai gelando ora!

Si può morire di disperazione, la testa fra le mani

la penna caduta per terra,

le braccia stese sul pavimento

mentre le ombre avvolgono ciò che resta di te.

Un involucro di carne e niente di più!

Solo un miserabile e insignificante involucro di carne.

Una mano ti abbassa delicatamente le palpebre,

il segno della croce

e subito dopo il nulla.

Non sono un angelo.

Non sono un demone.

Io sono la verità.

La verità a volte uccide.

MASCHERA

Sembra tutto così perfetto

come scenario di un’opera teatrale

ma quale sarà il segreto,

l’orrendo retroscena di questa farsa,

di questa commedia che chiamiamo vita?

Qual’è il ruolo che mi è stato assegnato?

Cos’è questa maschera che prontamente

le mie emozioni cela?

Come una lumaca

mi rinchiudo con viltà nel mio guscio.

E’ piu adatto a lacrime e vani sorrisi

questo mio volto coperto e deturpato

miserabile sotto la sua ridicola perenne smorfia.

Teschio

a ghigno

eternamente condannato.

LA SOLITUDINE

Lacrime nere rigano un volto,

pallido

e senza segni di vita.

Ghiaccio nell’anima,

foglie morte al vento,

inverno che piange.

Uno sguardo,

quello di una creatura non sola pur essendo sola

vogliosa e assetata d’affetto

che crede d’affogar in un bicchier d’acqua.

Ormai abbattuta

china il capo

e si piega alla grandezza,

al potere immenso di quell’essere.

Quell’essere di cui è umile serva:

la solitudine!

LUCIDO E FREDDO E’ IL MARMO

Lucido e freddo è il marmo,

riflette tutto come uno specchio.

C’è disordine,

oggetti dimenticati,

ed un velo di polvere

copre tutto.

Regna il silenzio,

le torri sfidano il cielo,

fantasmi appaiono nell’ombra.

Lucido e freddo è il marmo,

candide come la neve le statue,

la piccola bambola fissa

con occhi verdi di smalto

abbandonata nel buio.

Rena la quiete,

i bastioni proteggono il castello,

i passaggi merlati paiono ponti sulla fantasia.

La bella addormentata non è mai stata qui,

non vi è mai stato un sogno incantato,

lucido e freddo è il marmo.

MIA SORELLA SOLITUDINE

Ubriaco di te

smaltisco la mia sbornia

su una panchina isolata

nella periferia della città

di Paranoia.

Non so dove andare,

non so chi cercare,

non so perchè respiro

ma protendo ancora la mano verso te,

nuovamente implorante ai tuoi piedi

mia amante,

mia amica,

mia compagna,

mia sorella Solitudine.

 

ANCESTRALI PAURE

Fievole luci

che all’imbrunire

non vincon l’ombre.

Indecise sagome

arrancanti nel buio

nero antro di ancestrali paure.

Figure incerte

di bieco pensiero avvolte

che di nera cronaca s’ammantano.

Passi veloci

come a sfuggir tempesta

nei vicoli t’inseguono.

Il gelo del comune sentire

tutto avvolge

come unico sudario.

E a nulla vale

il lume della ragione che è vanto

nè il saper che l’amor mio m’è accanto.

Solo il colore del sogno

potrà spezzare

del grigio orrore il cerchio.

Solo di poesia il volo

potrà sciogliere delle catene

l’angosciante nodo.

Subisco l’ultimo disperato assalto

di chi sa che la sua guerra

ha già perduto ormai.

LO SBADIGLIO DEL TERRORE

Nessuno ascolta

il rumore assordante del lupo

estasiato

dinanzi ai bagliori

della notte

stregata.

Un luccichio assorbe

il silenzioso spazio,

nel vuoto dell’ignoto

respiro accaldato dalla lucciola

che traballante attraversa il sentiero,

dal folto dell’ugola fuoriesce soave alito umano.

Ascolta la notte!

Ascolta la nebbia!

Ascolta i battiti del cuore!

Ascolta e non restare

senza un fruscio oblungo

nel dolce mio silenzio.

“GIACOMO LEOPARDI”

RIPROPOSTO IN UN LINGUAGGIO MODERNO:

“L’INFINITO”

Ti ho sempre amato, colle

solitario come me.

Ti ho sempre amata, siepe

che mi fai aprire l’anima

verso l’orizzonte,

me lo nascondi

ma me lo fai amare

immaginando spazi infiniti.

Ho sempre amato questo posto,

il suo sovrumano silenzio,

la sua profondissima quiete,

e il tenue soffio del vento tra gli alberi,

e la dolcezza di queste piante che dormono.

E mentre sono seduto e guardo lontano

mi tornano in mente le stagioni fuggite,

l’ora presente,

l’eternità,

ed è dolcissimo

perdersi nell’immensità della natura.

“IL PASSERO SOLITARIO”

Ti vedo in cima a quella antica torre,

solo,

proprio come me!

Tu canti finchè non muore il giorno

mentre la primavera brilla nell’aria,

esulta per i campi

festeggiata da mille uccellini

che fan mille giri nel cielo.

Ma tu passero solitario non ti curi di loro,

resti indifferente a quella festa,

non la cerchi, non provi a volare

consumi così nella solitudine

la parte più bella della tua vita.

Quanto è simile il mio modo di vivere al tuo!

non c’è spensieratezza in me,

gioie e divertimenti io li evito,

mi sento estraneo e quasi fuggo da loro

e il dramma è che non so spiegare a me stesso

nemmeno il perchè.

Chiuso nella mia stanza

passo le mie giornate vuote e monotone

in silenzio, in solitudine.

Eppure questo giorno che ormai volge alla sera

è festeggiato da tutti in questo paese,

si odono nell’aria suoni di festa vicini e lontani,

i giovani sono allegri

indossano i loro abiti migliori

si divertono

ed è persino bello guardarli.

Ma io,

in quest’angolo del paese vicino alla campagna,

io resto da solo come sempre,

ogni divertimento

lo rinvio in altri tempi

non so a quando!

guardo il sole che si dilegua dietro i monti

e sembra ricordarmi

che anche la mia giovinezza sta morendo.

Tu, passero solitario

alla fine dei tuoi giorni

non potrai pentirti d’aver vissuto così,

è la tua natura che ha deciso questo.

Ma io,

se non riuscirò a evitare la detestata vecchiaia

e tutto sarà noia più di adesso,

cosa penserò della mia giovinezza sprecata

e non goduta?

Forse piangerò,

guarderò indietro

ma sarà ormai troppo tardi.

“IL SABATO DEL VILLAGGIO”

La ragazzina spunta dalla campagna

al tramontar del sole

con la dolcezza, con la malizia

d’una età che non dà pensieri.

Ha un fascio d’erba in mano,

un mazzo di rose e di viole,

domani è festa, deve farsi bella.

La vecchietta con le sue amiche,

seduta sull’uscio di casa,

è intenta a filare

e con una lacrima agli occhi

ripensa a quando anch’ella era ragazza

e spensierata e felice

era circondata da tanta compagne.

L’aria si fa bruna,

le ombre scendono dai colli e dai tetti,

una luna bianchissima splende nel cielo.

Una tromba suona annunciando la festa,

i bambini giocano felici nella piazzetta,

il contadino torna a casa fischiettando.

Poi, quando le luci si spengono

e tutto tace,

si ode soltanto il rumore d’un martello

e di una sega,

è il falegname che ha fretta di terminare il suo lavoro

prima dell’alba.

Questo è il più bel giorno della settimana

pieno di gioia, di speranza

domani tutto ritornerà normale, triste, monotono

e ciascuno riprenderà il suo lavoro col pensiero.

Ragazzo mio,

la tua splendida ma fuggitiva età

è proprio come questo giorno

chiara, serena

che prepara la festa della tua vita.

Ragazzo mio divertiti!

non mi sento di dirti altro!

Ma ti prego non rammaricarti

se la tua festa tarda a venire.

“AMORE E MORTE”

Amore e morte,

fratelli,

furono creati insieme

e insieme vanno uniti per il mondo,

l’uno elargendo il piacere

l’altra annullando il dolore.

Quando l’amore nasce nel petto

lo accompagna sempre un languido desiderio di morte.

Non so perchè…

forse l’uomo,

presentendo i mali futuri che ne deriveranno,

brama di giungere al porto della sua vita

e di annullarsi.

Financo nel furore della passione,

quante volte gli amanti ti invocano o morte!

E che sentimento di invidia

al rintocco della campana funebre

per chi se n’è già andato!

Perfino il contadino e la timida fanciulla

non temono più,

comprendono l’ineffabile dolcezza della morte.

Talvolta l’amore

mina un fisico già prostrato,

talvolta invece

induce al suicidio giovani e fanciulle.

E tu morte

da me tanto invocata e celebrata

fin dai miei primi anni,

chiudi pietosamente gli occhi miei.

Ho sempre disprezzato le consolazioni della religione.

Non ho mai lodato e benedetto i patimenti.

Ho rifiutato i fanciulleschi conforti degli uomini.

Te sola ho sempre invocato!

Aspetto serenamente

di addormentarmi sul tuo seno.

 

 

MEMENTO

(Dalla lirica omonima di I.U. Tarchetti)

Quando bacio le tue labbra profumate,

cara e dolce fanciulla,

non posso dimenticare

che un bianco teschio vi è nascosto sotto.

Quando stringo a me il tuo corpo sensuale,

cara e dolce fanciulla,

non posso proprio dimenticare

che uno scheletro nascosto vi è celato all’interno.

Quando faccio l’amore con te, cara e dolce fanciulla,

mi è impossibile dimenticare che sotto la tua pelle

vi è un ammasso di sangue, vene e organi schifosi.

E assorto in questa orrenda visione,

dovunque ti tocchi, ti baci o posi le mie mani

sento sporgere le ossa fredde d’un morto.

IL CANTICO DI FRATE SOLE

(Dall’opera omonima di S. Francesco d’Assisi)

Benedetto tu sia, mio Signore!

con tutte le tue creature

specialmente per fratello sole

che fa diventare giorno

e illumina ogni cosa intorno

ovunque ci sia vita

con grande splendore,

ed è bello, radiante.

Benedetto tu sia, mio Signore!

per sorella luna

che bianchissima non dorme mai

per vegliare la notte,

e per le sorelle stelle

che hai creato in cielo

chiare, preziose e belle.

Benedetto tu sia, mio Signore!

per la sorella acqua

che è molto utile

è preziosa, è casta.

Benedetto tu sia, mio Signore!

per fratello fuoco

che rischiara la notte

e trasmette il suo calore,

ed è forte, è vivo.

E per fratello vento

che muove l’aria, le nuvole

rigenerando con la pioggia tutte le creature.

Benedetto tu sia, mio Signore!

per la nostra madre terra

che ci sostenta stringendoci al suo seno

e ci offre frutti, fiori colorati, erbe.

Benedetto tu sia, mio Signore!

per i miei fratelli che sanno perdonare

aiutali nelle loro tribolazioni terrene,

hanno bisogno della tua presenza

nella loro vita.

Beati quei fratelli che difenderanno la pace!

saranno da te premiati.

Benedetto tu sia, mio Signore!

per la nostra morte fisica

dalla quale nessuno di noi può scappare

e guai a coloro che morranno nel peccato,

beati invece quelli che su questa terra

avranno fatto la tua volontà.

Laudate e benedite tutti il mio Signore!

e ringraziatelo

e servitelo con grande umiltà.

OSSESSIONE PER UNA NINFETTA

(liberamente ispirata al libro LOLITA di V. Nabokov)

Spiccava col suo giovane corpo e l’aria da bambina

tra la gente ignara,

quel piccolo micidiale demonietto,

inconsapevole anche lei del proprio fantastico potere.

Mi guardò col suo visino indecifrabile di ragazzina tredicenne

come se mi avesse letto il desiderio negli occhi

fino ad intuirne la profondità,

e nel preciso momento in cui i nostri occhi s’incrociarono,

tra di noi si stabilì subito un’intesa

capace di annullare in quell’attimo qualunque barriera

ed io non avrei potuto abbassare gli occhi

neanche se fosse stata in gioco la mia vita.

La sfiorai ma senza osare toccarla,

respirai intensamente quella sua delicata fragranza

che sapeva di borotalco,

e da quel punto così vicino eppure disperatamente lontano,

ebbi per la prima volta la consapevolezza,

chiara come quella di dover morire,

di amarla più di qualsiasi cosa avessi mai visto

o potuto immaginare,

e di voler essere il primo ad assaporare quel piacere proibito

che soltanto la mia giovanissima dea dell’amore

avrebbe saputo offrirmi

in un paradiso illuminato dai bagliori dell’inferno.

Un uomo normale,

forse per vergogna o sensi di colpa,

scaccerebbe via dalla propria mente simili pensieri.

Bisogna essere artisti,

eterni bambini sempre in volo senza logica né equilibrio,

folli di malinconia e di disperazione,

di solitudine e di tenerezza

per lasciarsi totalmente trasportare e tormentare

dalla magica ossessione per quella ninfetta.

ASSENZA

(liberamente ispirata al libro LOLITA di V. Nabokov)

 

Bastava un tuo sorriso

per mostrarti bella dentro e fuori

come un inno alla grazia,

malgrado le tue smorfie ed i tuoi capricci,

desiderabile, né donna e né bambina, favolosa e splendida

con la tua travolgente sensualità acerba

mista di malizia e d’innocenza.

Eri un cucciolo indifeso tra le mie braccia,

non riuscivi a tirare fuori la donna che stava nascendo in te.

Di quella mia incantevole lolita

che mi aveva stregato persino l’anima

fino a possedermi del tutto,

e del suo sconvolgente modo di essere,

non mi rimane ora che l’eco di un coro di fanciullesche voci

udite in lontananza e perdute per sempre

come foglie morte sparse lungo il sentiero

in una stordita calma irreale.

È la mia fine come uomo,

l’apice della mia ispirazione come artista.

La mia vita è ormai alla deriva nelle tue mani di bambina,

legata a te da un cordone ombelicale

obbedisce al tuo volere senza più orgoglio, senza dignità.

Mi tormenta l’immagine dei tuoi coetanei

che posano i loro sguardi carichi di desiderio

sul tuo giovane corpo.

È folle il pensiero che la tua verginale bellezza

appartenga esclusivamente ad un uomo della mia età

ma più ti sento irraggiungibile

e più cresce in me il desiderio di averti.

Come un vecchio mendicante ormai solo ed esausto,

chiedo ancora ad una ragazzina che non ha colpa,

l’elemosina d’un amore che mai potrà darmi.

Un amore impossibile, assurdo, folle

incomprensibile, a senso unico, non corrisposto

ma pur sempre un amore!

Forse sono posseduto dal diavolo

o forse ho solo qualche rotella fuori posto

è tutto così assurdo e illogico

ma io credo di amarla.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DOLCI SILENZI

Dolci silenzi mi accompagnano

mentre lo sguardo del mare

arricchisce il cuore,

libera la mente.

Parole incise in un diario

fanno da eco fra le onde,

sembrano perdersi oltre le nuvole

là dove l’orizzonte apre all’infinito.

Il vento modula suoni con la luce

non spegne il suo soffio,

tarda a morire,

si confonde in volo con ali di gabbiani.

Sotto la pelle ambrata

caldo scorre il sangue

pulsa nelle vene

e tutto si fa memoria.

IL MIO MARE

Ecco il mio mare!

Non parlerò.

Non dirò nulla.

Chiuderò solo gli occhi

e respirerò il suo respiro.

Ecco qui il mio mare,

immenso e potente,

dolce e glaciale.

Lo guardo

lasciando volare i miei pensieri,

con gli occhi seguo il suo movimento

scrutando l’orizzonte.

I miei sogni cercano chissà cosa.

Quanta magia c’è in lui!

La sua voce

è un dolce richiamo.

Ed io sono qui ad ascoltarla.

INCANTO DI LUNA

Gli occhi fissati in quel lembo

di luna rilucente a fili d’acqua

portano la mente a ricordare.

Antichi ma vivi sono i palpiti d’amore

la voce si fa lieve nel rimembrare

un grido sulla pelle ricama nuove emozioni.

Trame tessute su corpi nudi

avvolti in lenzuola di sabbia

inventano l’alba di un nuovo giorno.

Onde impazzite nel mare inseguendosi

cancellano ciò che la mente

non riesce a fare.

VELA

Silenziosa e assente

ti fai sospingere

dalla leggera brezza della sera.

Solchi i mari

sembri quasi trasparente

sospesa sull’acqua.

Solo un leggero fruscio

accompagna il tuo viaggio

nella calma del tramonto.

Sei come la mia vita

persa nel mare

della mia solitudine.

UNA SIRENA

Una sirena

in alto mare

mi ha portato il vento,

bagnata di sole,

fresca d’alga marina.

Una sirena

che intona canzoni d’altri mondi,

accorda melodie d’acque azzurre

bianche di schiuma,

profumate di salsedine.

E’ il ritmo del mare;

quando le onde

tuonano di rabbia

nell’urlo della burrasca,

nel pianto di grandine incessante.

O mia sirena!

femmina mediterranea dalle squame d’argento

compagna d’abisso d’agili pesci e crostacei,

dissipa l’inganno dei tuoi inebrianti canti,

sussurrami al cuore sincere parole d’amore.

Intanto

echi omerici mi catturano

si dibattono tragici sul fondo

trascinandomi in un sepolcro senza fine.

UNA BOTTIGLIA NEL MARE

Quello che scrivo

lo metto in una bottiglia

e lo affido al mare.

In fondo

non mi ascolta nessuno

non serve nasconderlo.

Verrà trasportata dalle correnti

attraverserà mari ed oceani.

senza pace proprio come la mia vita.

Qualcuno un giorno troverà quella bottiglia

e forse in quel momento leggendo quei pensieri

avrà per sempre un’emozione da ricordare.

ANIMA SOLITARIA

Quell’istante tra la luce del giono ed il buio della notte

dove è ancora nitida la linea dell’orizzonte

è magia, è incanto per la mia anima solitaria.

Lentamente cancella con le sue carezze silenziose

ogni traccia del giorno passato

e il suo respiro si fa lieve.

Quella luce rimasta ancora, rischiara le acque

sento in lontananza le voci dei gabbiani

arrivati per il riposo notturno.

In questo momento vorrei essere con te

ad ammirarti, a respirarti

sotto questo cielo che brilla di stelle.

SONO COME IL MARE

Sono come il mare

e per amore di esso voglio vivere.

Puoi accarezzare le mie sponde di sabbia

e farti cullare dalle mie braccia azzurre.

M’immergo negli abissi

risalendo tra gli scogli.

Emergo tra bollicine d’acqua

simili a mormorii di rosari in coro.

Saltello su distese marine felice come un delfino

fra la voce del vento e quella delle acque.

Il sole affonda fra limpide profondità

dissipando le ombre, scacciando i fantasmi.

Custodisco i tesori di madreperla

vivendo tra fiorite chiome di corallo.

Regalo a chi mi cerca

perle colorate e tempestate di conchiglie.

Sono libero come il mare

e come il mare voglio vivere.

LA RAGAZZINA CHE GUARDA IL MARE

Appoggiata al muretto

la ragazzina guarda il suo mare

attenta, rapita, sognante.

Quel sole giallo

enorme palla lucente di remoti giochi infantili

saluta il giorno che muore regalando i colori più belli.

Il mare dolcemente si trasforma in adolescente

poi in padre comprensivo

e penetra nell’anima di quella ragazzina.

PRINCIPESSA DEL MARE

Eri tu la regina sullo scoglio

venuta dal mare

sirena dai neri capelli.

Fiera e vanitosa

ti lasciasti immortalare

come principessa del mare.

Tra quelle acque limpide e lucenti

stavi quasi per asciugare

quando tornò quell’onda che verso me t’aveva spinta.

Così il mare t’ha ripreso catturandoti

lasciandomi di te

solo due squame ed un ciuffo di capelli.

MISTERIOSO MARE

Segni sull’acqua,

note solitarie,

disperse armonie

come lettere d’amore,

come onde svanite

al rossore di un timido tramonto.

Onda sull’onda

voli di gabbiani che si rincorrono giocando

in un unico suono,

ed io che

sulla riva ti attendo

impercettibile richiamo d’amore.

E per pochi istanti

è come se la mia anima

viaggiasse lontano dalla terraferma

per fondersi con tutti i mari del mondo,

strana sensazione che mi fa sentire

come un verme attaccato ad un amo.

Misterioso mare

dimmi chi sei e che vuoi da me,

sott’acqua

ho cercato il tuo nome,

dall’onda

emerge il tuo viso.

DONNA DEL MARE

Ella appare e scompare

donna ridente

di bianche vesti ondulate

di piedi nudi e veloci.

Avanza danzando

tra gli scogli addormentati

blu di mare,

azzurra di cielo.

Sorride

vela gli occhi tra le ciglia

allunga le ombre sulle guance

chiusa in se stessa appare profonda, misteriosa.

Poi si rivela d’improvviso

luce emanata dall’anima

festa del cuore

danza di sorrisi.

Suo è il nettare

d’un sensuale richiamo cullato dal mare

inebriante aroma

liberato nel sole e nel vento.

Avanza ondeggiando i fianchi

morbidi e rotondi,

dolce nei gesti

infantile nei sogni.

Nei ricordi antichi che prepotenti riemergono in superficie

il suo ventre suona e risuona

chiama e richiama

si muove, sorride, libera se stesso.

E’ un attimo soltanto

e poi di nuovo ella fugge via e si vela

scompare

nascondendo la sua figura oltre la linea dell’orizzonte.

Sei sparita un’altra volta donna del mare

tua è la pienezza e la bellezza

tuo il profumo della carne e dei sensi

la gioia della vita e dell’amore.

.

IL MARE AMANTE

Dolce ed impetuoso

come un’amante.

Ti guardo.

mi affascini.

La tua voce

entra nella mia mente.

Mi lascio accarezzare

dalle tue onde che t’allontanano e riportano da me.

Brividi,

sulla mia pelle.

Il tuo continuo movimento

culla i miei pensieri.

Li porta via laggiù

dove l’orizzonte si confonde con il cielo.

Amami finchè vorrai,

amami e saprò chi sei!

 

 

BREZZA MARINA

Lì sul ciglio,

assorto nel silenzio,

ascolto il canto del vento

e con mute parole

dipingo il mare a mio piacimento.

Mare e vento

da sempre complici ed antagonisti,

son la personificazione di attori e registi

in uno scenario naturale

straordinario.

La visione è così spettacolare

sortisce su me un effetto magico

apocalisse interiore e meravigliosa ricostruzione

oggi, come loro,

anch’io sono reso immortale.

Spumose onde si rincorrono

in una danza perpetua

per poi schiaffeggiare lo scoglio

graffiandolo,

umiliandolo senza pietà.

Nell’impatto

stille marine

si posano sul viso,

mi ristorano

da quest’arsura opprimente.

Brezza marina,

ora tocca a te!

inebriami col tuo potere!

rendimi libero e schiavo

irradiami d’infinito.

Coriandoli d’acqua salata,

rapiti dal celere vento fluttuano sull’azzurro tappeto

andando altrove fino a dissetare sua maestà il Re Sole,

immobile spettatore

da sempre assoluto padrone e gran signore!

Inchiodato lassù nel cielo,

riscuote piacere

e splendendo,

a modo suo,

gode!

MAREE

Noi siamo maree,

vivi e liberi come onde i nostri pensieri

a volte sommersi da potenti tempeste

altre cullati da dolci zeffiri.

Ma vi è qualcosa di straordinario e grande:

un pensiero unico, travolgente

che cerca il naufragio e non l’approdo,

così fuggente e folle

da essere eterno,

così intenso e imprevedibile

da essere amore.

A TE MARE

Se solo sapessi esprimere a parole

il sentimento che susciti in me

quando ti vedo

o mio adorato mare.

Quanto spettacolo

nel vedere la tua calma e serenità,

sei celeste e limpido come un neonato,

sembri immune dalla cattiveria di questa vita.

Se solo sapessi

quanta pace infondi nel mio cuore selvaggio.

come mi somigli quando sei agitato,

vorrei avere la tua forza, impeto travolgente e implacabile che tu solo hai.

Se solo sapessi rinascere e diventare delfino,

per poter solcare i tuoi fondali

lasciandomi travolgere dalla schiuma delle tue onde,

sentirei sulla pelle le tue correnti prima calde e poi fredde.

Tu sei come il mio faro nella notte più scura,

il sentiero più sicuro nel maremoto della confusione,

dolce pensiero di liberazione

quando la solitudine attanaglia il mio cuore.

Non resta che sperare di incontrarti ogni notte nei sogni…

per dare a te o Mare

quella potenza d’amore inespressa

che vibra da sempre dentro di me.

SOLO NOI DUE

Mare,

oggi ti ho incontrato di nuovo,

in silenzio

ho ascoltato la tua voce.

Il mio sguardo

spazia libero nella tua immensità,

i tuoi colori sempre nuovi ai miei occhi

mi hanno riempito il cuore e l’anima.

Sei calmo, sereno, invitante,

ho accettato la tua chiamata

e mi sono immerso nelle tue acque

sempre così fresche.

Ogni pensiero

si è allontanato,

eravamo solo noi due

in queste prime ore del mattino.

Intorno,

il nulla.

NEL FARO

Nel faro

i nostri corpi amanti,

come ombre cinesi,

spaziano isocroni

nel futuro infinito,

scanditi lampi di luce

girando nel nulla

accendono desideri

oscurando l’amore.

L’estasi

proietta lontano nel tempo

costellazioni d’amore

per folli amanti.

E il tuo gemere

risuona in me,

ora,

come la risacca

nel mare.

 

NON SMISI PIU’ DI AMARTI

Immerso nel tuo grandioso ventre

popolato da anime colorate

che vivono in te,

mi hai accolto

senza fare domande

nelle tue limpide e chiare acque.

Sei apparso

come un’immensa madre

o forse come una bambina,

dalle tue onde

che mi accarezzano il corpo,

inerme mi lasciavo coccolare.

Sono rapito ed estasiato

la mente mi riporta indietro nel tempo,.

alla prima volta che ti vidi

quando ancora bambino

mi conquistasti all’istante,

provai subito per te un amore profondo.

Leggiadro

mi abbandonai sulla battigia,

i miei occhi rivolti al cielo,

catturati dal volo di gabbiani

che volando in alto

sembravano rincorrersi per gioco come angeli bambini.

Mare

io non smisi più di amarti!

CANZONI DEL MARE

Fermati sulla spiaggia,

ascolta la melodia del mare!

Pensa

che racchiusi sul fondo di esso

esistono mille segreti

vivono incontaminate bellezze,

un mondo irreale,

quasi finto,

magico,

inesplorato.

In quei profondissimi fondali

anche nell’oscurità più totale,

pullula la vita

d’esseri minuscoli ed enormi,

strani e fantastici,

creature mai viste

inventate da nostro Signore

che appartengono solo al mare.

Ma se hai orecchie anche per udire,

nel silenzio abissale degli oceani,

sentirai le canzoni piu belle.

note antiche di vecchi pirati,

che parlano di donne

e di battaglie, di tesori sommersi.

Canzoni un po’ stonate,

piene di speranze, di sopravvivenze affidate al mare,

con mani seccate mai dome di pescatori appassionati

che sanno di sale, stanche di fatica.

Canzoni romantiche e tenere

d’innamorati incollati

a guardare tramonti morire

e gustare felicità nascente nei cuori.

Canzoni che le onde spumeggianti

trasportano lontano oltre il sole

e che i gabbiani scuotendo le ali

disperdono nell’aria.

In questa notte d’inverno

ci sarà sul fondo

una canzone in più.

La mia voce

arrivera’ dolcemente a te

e questo scrigno

fatto di acqua salata

sarà poesia per me.

PARLAMI

Parlami, mare!.

Raccontami le tue infinite storie,

fammi partecipe del tuo mondo.

Ammiro la tua bellezza,

mi spaventa la tua potenza,

mi cattura la tua immensità.

Le tue parole mi arrivano con le onde

s’infrangono nella mia mente

e mi fanno sognare.

IL MIO SOGNO

La spiaggia al tramonto.

Cammino

solo con me stesso,

il respiro del mare

accompagna il mio,

il suo profumo

inebria la mia mente,

un gabbiano

vola all’orizzonte.

Mi fermo,

guardo il suo volo,

come vorrei poter volare anch’io

andare lontano

raggiungere il mio sogno

e non tornare

mai più.

SOSPESO

Ti guardo.

seduto davanti a te,

sento il tuo respiro

calmo.

La mia vista

spazia fino all’orizzonte

là dove ti unisci al cielo

e i suoi colori si riflettono nelle tue acque.

Starei ore ad ammirarti,.

in silenzio

seguo il tuo movimento,

lento, continuo, le tue onde arrivano lievi.

Mi avvicino,

lentamente allungo una mano

avverto la tua presenza

sento la tua carezza.

Mi sdraio sulla sabbia

ad occhi chiusi

ne aspetto un’altra

e un’altra ancora.

Mi lascio scivolare via

tu mi accogli,

sento il tuo abbraccio

il mio corpo perde peso.

Sono sospeso

sopra di me l’immensità del cielo.

come ritornare protetto nel grembo materno,

rivivendo quegli attimi ovattati.

Poi dolcemente,

mi riporti a riva

mi adagi sulla sabbia

mi regali. le tue ultime carezze.

TU CHE AMI IL MARE

Tu che ami il mare

e ne fai parte.

Tu che voli con ali leggere

e ti lasci trasportare dal vento.

Le tue grida si confondono

con la voce del mare.

E quando sei stanco

ti adagi sulle sue acque facendoti cullare.

Che voglia avrei di seguirti,

di volare con te e sentirmi libero!

Ti regalo un mio pensiero,

portalo con te.

Sopra questo mare,

nel vento.

L’OCEANO DELL’ANIMA

La felicità

spesso ci raggiunge in silenzio

nei momenti più impensati

della nostra esistenza.

Arriva come un gabbiano

spinto dal vento

e rimane con noi

se non la turbiamo coi nostri pensieri.

L’amore

è come un’onda del mare

che può infrangersi prima del tempo.

Non sarà perduta per sempre dentro di noi,

prima o poi

una nuova onda raggiungerà la riva.

Tutta la nostra esistenza è avvolta nel mistero

proprio come la profondità del mare.

Nei suoi abissi inesplorati

vi è il luogo dove s’incontrano

due realtà della vita:

quella che riusciamo a vedere coi nostri occhi

e l’altra velata dal buio.

Ma nella nostra anima

vive un oceano immenso, potente, sconfinato.

E la nostra immaginazione diviene eternità

spazia nell’infinito

varcando qualunque orizzonte

libera di sognare e di amare.

IL RESPIRO DEL MARE

Com’è bello il mare all’alba!

La spiaggia deserta,

l’onda che l’accarezza dolcemente,

il sole all’orizzonte che nasce,

l’aria ancora fresca.

Passeggiare sulla riva,

ascoltare il suo respiro,

sentire il suo profumo

così intenso.

E poi fermarsi

e rimanere a guardare

questo immenso continuo movimento

fin dove l’occhio può arrivare.

Provo

infinite sensazioni,

il mio respiro,

è il suo.

Un richiamo

e lentamente

passo dopo passo

mi ritrovo immerso nelle sue acque.

Mi sento abbracciato

baciato da questo liquido amante.

Mille brividi

percorrono il mio corpo

e mi lascio trasportare,

libero da ogni pensiero.

Che silenzio stupendo!

E’ come rinascere ogni volta.

L’ARTE DEL MARE

Camminando sulla spiaggia

s’incontrano tanti piccoli particolari

che colpiscono la nostra attenzione:

legni levigati dal mare,

fiori sparsi qua e là usciti dal nulla,

rami di alberi trasportati dalle mareggiate,

opere create

da questo meraviglioso ed immenso artista.

Ascolta il respiro del mare,

affacciati alla finestra e guarda ….

Il mare gioca con gli scogli

e li accarezza dolcemente

oppure

si abbatte su di loro con forza

e li plasma a suo volere.

Osserva ancora le scogliere!

le onde del mare

giocano con loro

modellandole come le dita di un artista,

con dolcezza e potenza,

negli anni

ricamano un merletto prezioso,

regalandoci insenature,

grotte bellissime.

Rimani ammutolito

davanti all’arte creativa del mare

e sogna proprio nel punto dove lo stesso

si incontra con il cielo.

 

 

 

 

IL DELFINO E IL GABBIANO

Volava il gabbiano

nel suo pezzo di cielo dipinto di bianchi voli

permeato dei dialoghi striduli

intessuti di piume leggere.

Nuotava il delfino

nel suo giardino azzurro fatto di onde amiche

scomparendo in esse

e riemergendo poco più in là.

Ma un giorno il gabbiano

volò in un pezzo di mare

e il delfino si immerse

in un giardino di cielo osando sognare.

E lì si incontrarono

in quella terra di mezzo che è l’orizzonte,

in quello spazio infinito dove si affacciano i sogni

che è approdo felice di pochi.

Allora il gabbiano disse al delfino:

quali sono i tuoi sogni?

e il delfino rispose: volare e i tuoi?

il mio sogno è imparare a cavalcare le onde, rispose il gabbiano.

E il gabbiano e il delfino si presero per mano

e insieme divennero maestri e scolari l’uno dell’altro,

scoprirono la forza di essere in due

e di saper sognare.

Quando venne il momento di separarsi

il gabbiano disse “addio” e riprese il suo volo

“addio” rispose il delfino

e scomparve nel blu.

Ma il suo cuore di oceano

aveva messo le ali

così come il cuore di aliante del gabbiano

che adesso solcava i mari.

Erano a conoscenza entrambi

che prima o poi si sarebbero incontrati nel cielo o nel mare

ormai sapevano essere mare e sapevano essere cielo

e all’orizzonte potevano essere sogno.

 

QUELLA STRANA RAGAZZA

Magia di una notte di luna piena.

Non riuscivo a dormire.

Le tende bianche svolazzavano leggere

e una chiara luce illuminava la stanza.

Il respiro del mare arrivava alle mie orecchie

il richiamo era troppo grande per resistere.

Una figura

dai lunghi capelli biondi,

innamorata del suo mare

veniva verso di me.

Il suo sorriso era dolce

i suoi occhi tristi,

quella strana ragazza confidava al mare sogni e segreti

sicura che mai nessuno li avrebbe rubati.

Disperato io la chiamavo

in quella notte di luna piena,

avevo bisogno che qualcuno mi ascoltasse

sognasse per me.

E lei era già là

a piedi scalzi,

sulla sabbia umida e fresca,.

si lasciava accarezzare dalle onde.

I suoi occhi erano quelli del mare

guardavano la luna e il suo chiarore

inseguivano i suoi desideri,

rincorrevano i suoi sogni.

La luna

era alta nel cielo,

la sua luce argentea

illuminava il mare.

Gli occhi di quella strana ragazza

seguivano il ritmo delle onde,

la vedevo correre,

ritornare a vivere.

 

 

 

UN ALTRO GIORNO MUORE

Il sole

gioca con i colori,

ogni volta

sempre diversi.

Come non volesse mai andare via

fino all’ultimo momento

i suoi raggi si specchiano nelle tue acque

trasformando l’orizzonte in un una tavolozza dai mille colori.

Il cielo scuro

si riflette in te

come in uno specchio,

e tu diventi triste e il vento muove le tue onde.

Un altro giorno muore

dimenticato nel silenzio,

solo un gabbiano sopra di te

vola.

 

 

 

 

 

QUEL MARE

In quei giorni

ero triste,

disperatamente solo,

ateo,

col cuore chiuso nel ghiaccio.

Per fuggire dal mondo,

lontano da tutto e da tutti,

mi rifugiavo lì nel solito posto

sulla spiaggia in riva a quel mare.

Quante volte ho pianto!

volevo capire,

essere amato,

tornare bambino,

e parlavo al mare della mia solitudine.

Più volte seduto sopra quella sabbia

ho provato ad alzarmi di scatto

per andare incontro al mare

sempre dritto fino ad annegare.

Desideravo affidare

a quelle acque a me così care

il mio corpo,

e farla finita per sempre.

Ma qualcosa invisibile e forte

mi ha sempre fermato

proprio sul punto di farlo,

oggi che sento Gesù nel cuore

capisco che è stato Lui a bloccarmi.

Adesso la mia vita

è completamente cambiata in positivo,

torno spesso in quel posto

ma non mi sento più solo.

Gesù è con me,

sento gioia, felicità, certezza,

ho dentro una ricchezza immensa

non spiegabile a parole.

E’ una potenza d’amore, una luce infinita,

e quel mare che prima mi parlava di morte

o non mi rispondeva affatto,

oggi comunica col linguaggio della pace.

I TUOI SEGRETI

L’immensità che ti porti dentro

è come il mare.

Non scorgo l’orizzonte

del tuo essere.

Cielo e acqua si fondono

nella tetra nebbia della tua solitudine.

Non ci sono velieri di speranze in te,

e nemmeno alghe

che possano attaccarsi agli scogli.

Rifiuti la mia àncora di salvezza:

perchè ti lasci annegare così?

Preferisci naufragare nelle tue paure

per poi morire

nel vento e nella tempesta del tuo dolore.

Non posso far nulla se non ti lasci aiutare,

darei la mia vita per te.

E come un marinaio sconfitto

vago alla scoperta dei tuoi segreti.

ANIMA INQUIETA

La mia anima inquieta

di naufrago Ulisse,

non ha smesso

di navigare;

non ha porto

cui fare ritorno,

non ha lidi

sui quali approdare,

è perdutamente libera.

Dolce sirena,

più del tuo canto

mi vince il silenzio.

LE ALI DELL’ANIMA

C’è un momento nell’universo

in cui il cielo

incontra il mare.

Ed è proprio in quell’istante

che le ali dell’anima

iniziano a volare…

LA POESIA DEL GABBIANO

E’ arrivata esultante

la stagione del gabbiano,

è tempo di migrare

verso terre lontane

per scoprire nuovi segreti,

nuove sensazioni.

Un nuovo giorno è oggi

per spiccare il volo

sulla superficie del mare aperto,

sull’orlo dell’oceano,

per volteggiare sulla cresta dell’onda.

Vola nel vento gabbiano!

vola più in alto che puoi!

non ti fermare.

La mia penna

saranno le tue ali,

i miei versi

la tua scia.

IL MARE E LA BAMBINA

L’inesorabile sbattere delle onde

graffia gli scogli,

li scolpisce,

li modella.

La bambina,

con la vestina gialla e il fiocco stretto in vita,

ha negli occhi l’immagine del sole

per l’ultima volta visto.

Guarda il mare,

vi proietta quell’immensa luce.

E’ solo un attimo

e l’acqua la travolge.

E dopo è solo luce

luce che rischiara e scalda il mare

e la bambina è solo acqua.

LA SPOSA DEL MARE

Il suo corpo appartiene solo al mare

fedele sposa e amante del potente Nettuno.

Avanza elegante tra schiere di pesci

nel suo abito bianco,

spuma di cristallo

dal riflesso lunare.

Avanza la sposa sopra le onde,

cadono fiori dal cielo stellato

cielo che si confonde col mare,

brezze di vento

alitano accanto,

leggero un profumo di conchiglie

si diffonde sulle coste.

E’ un rito la sua danza

sulle acque in controluce,

lontano s’ode un canto.

LAGGIU’ DOVE SI DISPERDEVA IL MARE…

Si dirada come per incanto

la nebbia che mi avvolge

e s’apre d’improvviso il cielo

col suo manto azzurro,

torno a ritroso nel tempo in seno ai miei ricordi

come alghe marine che succhiano caute mammelle di roccia.

Mi rivedo di colpo adolescente

quando evitavo i compagni e le feste

e restavo da solo per ore

ad osservare la distesa infinita del mare,

una voce dentro mi ripeteva sempre:

“i sogni non muoiono mai”.

Cercavo la libertà,

mi chiedevo se nell’universo esistesse qualcuno simile a me,

immaginavo di volare via per scoprire il mondo

senza ritorno, senza fermarmi

come un’onda senza mai una spiaggia

ed i miei occhi ragazzini curiosi e attenti,

si perdevano in lontananza,

laggiù dove si disperdeva il mare oltre l’orizzonte.

ALLONTANA DA ME QUESTO CALICE

Allontana da me questo calice, Mare!

non voglio berlo,

non è vino

ma è sporco di sangue, veleno per il mio spirito

è salato

come schiuma di mare.

Allontana da me questo calice, Mare!

non lasciare che io m’immerga in te

sino a scomparire sott’acqua,

sono ancora vivo

il mio corpo inerme non giace sul tuo fondale.

Allontana da me questo calice, Mare!

sono solo un uomo di carne e ossa

non posso vincere le tentazioni

non riesco a sconfiggere forze soprannaturali,

abbi pietà di me. Nelle tue acque ho gettato la rete.

Allontana da me questo calice, Mare!

sono come Gesù nell’orto degli ulivi

non posso perdermi

e tu non puoi abbandonarmi

ora che ne ho più bisogno.

Allontana da me questo calice, Mare!

trasmettimi la potenza delle tue onde

la libertà del tuo orizzonte,

fa’ che la tua immensità

riempia la mia solitudine.

Aiutami!

 

 

 

 

SOGNI DI SIRENE

Era quello un modo

per rinascere innocenti

su una strada nuova,

come se una dea partoriente

avesse plasmato il suo feto

in schiuma di mare,

fino a ridosso delle correnti

dove accorsero sirene

a cantare ninnananne al vento,

richiamo vibrante

d’antica preghiera,

primordiale anelito

di sfiorare Dio,

PERDENDOMI NEL TRAMONTO

Un altro giorno sta passando uguale agli altri

ed io sono da solo con i miei pensieri come sempre,

dentro l’anima sospesa tra i ricordi e l’infinito

una irrefrenabile voglia di fuggire via,

di respirare forte l’aria.

Con la mia auto corro sull’asfalto verso chissà dove

come per riscattare l’anima dal suo torpore

ma la strada sembra farsi sempre più triste.

Il sole scende lentamente all’orizzonte,

la sua luce filtrando attraverso le mie lacrime

mi mostra il suo colore su ogni cosa intorno

avvolgendo il paesaggio d’una malinconica bellezza.

Vedo la spiaggia deserta,

cammino udendo il rumore del mare che s’infrange contro gli scogli,

sento il calore della sabbia sotto i piedi nudi e mi scopro vivo

seguo la via illuminata che il tramonto sembra indicarmi.

E in quella luce come una visione

mi appare il tuo viso

così vicino da sembrare reale,

per quante notti l’ho sognato.

Purtroppo i sogni vanno via col vento e si dissolvono

ma io, chissà perchè, non l’ho mai dimenticato.

Ora vedo scomparire laggiù in fondo al mare

il sole,

nasconde i suoi ultimi raggi quasi furtivamente,

e la superficie dell’acqua,

che nelle giornate serene luccicava

come ricoperta da miriadi di specchi,

assume quel triste colore che segue al crepuscolo

delineando il profilo d’una natura morente.

Anche il tramonto ormai,

come tutte le mie cose più belle,

è fuggito via.

Ed io mi trovo ancora qui in riva al mare

senza sapere il perchè.

Portami via dove sei tu

non lasciarmi solo.

Distante dal mondo

senza ombra viva intorno e col tempo che vola,

la mia anima s’è perduta

volgendo anch’essa al tramonto.

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EROS E MORTEultima modifica: 2012-12-25T11:24:00+01:00da claudiocisc1
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