IL SILENZIO NEL SILENZIO
Erba appena bagnata sulla livida terra,
odore di pioggia da poco caduta
trasporta nell’aria bollicine di sogni
in questo autunno che scorre lento…
Silenti alberi ammutoliti e spogliati
attendono stanchi giovani foglie,
con la nuova stagione arriveranno
in questo autunno che respira lento…
Un colore giallognolo suggestivo e irreale
avvolge ogni cosa di magico incanto,
sfumature di anime invocano il sole
in questo autunno che sbadiglia lento…
Piante e animali stanno dormendo,
la natura è un fantasma che si aggira ramingo,
persino le pietre chiudono gli occhi arrossati
in questo autunno che dorme lento…
Non si avvertono rumori, non si odono lamenti
non c’è più linfa, è sottratta ogni energia
domina il nulla immobile e statico
in questo autunno che tace lento…
Una coltre di nebbia come una nuvola
disegna il paesaggio di malinconica assenza,
una sottile tristezza scende sul cuore
in questo autunno che muore lento…
E in questo bosco solitario e sperduto
dove anche il vento non ha la forza di soffiare,
io perdo me stesso ed i miei pensieri
e nel silenzio io rimango in silenzio.
NARRAMI L’ADDIO
Dimmi del tuo verbo,
preziosa fioritura
d’un ramo di ciliegio,
slegando il tuo pensiero
nel soffio del maestrale.
Parlami dell’onde,
in gioielli di turchese,
che il mare partorì
nel ventre dell’aurora.
Suonami il canto
che desta il fiume di memorie,
aprendo tra le rocce
profonde feritoie.
Dell’erbe, poi, donami il profumo
che al mondo porta il suo risveglio,
dopo fiocchi candidi di dolci nevicate
narrami l’addio del freddo sonno.
FOGLIE D’AUTUNNO SUL CUORE
Non cede il passo alla morte
questo silenzio di riflessi tenui
nel meriggio,
un dolce intreccio di piccole luci
che divorano, tremule, ombre ovattate.
Forse solo l’impercettibile suono
d’un brusio lontano
che giunge sfidando pensieri assopiti,
carezze morbide, candide piume che vengon giù
come foglie d’autunno sul cuore.
GIRASOLI
Sfidavano austeri
azzurri afosi,
lo sguardo profuso d’incanti
nei tramonti sterminati di terra,
l’onda gialla di petali solari
come una mano dalle lunghe dita.
Era una culla ad arte plasmata
dalla grande anima del vento,
e quei giorni irradiati di speranze,
nel calore biancastro dei desideri,
offuscavano sovente i sensi
abbandonando l’anima
ai passi selvatici del vivere.
CHIOME DI MANDORLI IN FIORE
Così modellata in ambrato miele
venne al mondo la resina bluastra del mattino,
protesa al chiarore di poche nubi sfumate
tra chiome di mandorli in fiore.
Primavera! dissero, ma era solo
la magia d’un antico risveglio,
l’intarsio indolente di colline smeraldo,
l’eco stordito dei passeri in volo.
E nel lampo dei primi bagliori,
dipinta in turchese fu l’onda del mare
nel ricamo perenne di schiume d’avorio.
NEL BAGLIORE D’UN TRAMONTO
Qui ti vedo,
struggente nube del mio cielo,
nel riflesso di ricordi sulla pianura quieta,
nella foschia che avvolge
le colline addormentate di crepuscolo,
nel silenzio che sospinge
la mente oltre l’orizzonte:
io ti vedo.
Ancora non mia.
Ancora uccello in volo,
vento che passa e non resta.
Sfuggente nube del mio cielo silenziosa e inerte
nel bagliore d’un tramonto,
che muore.
PROFUMO D’AUTUNNO
Calici rubini,
foglie arse
nel morire dei passi in fondo al viale.
Oltre cristalli di liquida pioggia
speranze esili come fuscelli spogli,
le dolci parole di stelle in delirio
per il nuovo addio alla calda stagione.
Carezze rideste di foschi cieli
languore di nubi nel profumo d’autunno
e le candide nebbie
che avvolgono il ventre in orme dolenti.
Solo ieri eravamo erba di primavera
oggi soffio di gelido vento.
FUSI NEL VERDE
Spiano, tra le fronde,
pallidi volti senz’arti,
così stupiti di vedere,
fusi nel verde come riflessi
d’uno stesso smeraldo.
Due cuori poi vennero,
mano nella mano,
dal ventre d’ogni pianta,
come respiro di vita
linfa dell’essere.
E non fu solo amore
il passo del cammino,
ma molte altre storie
ancora da narrare.
PASSI DI LUCE
Passi di luce,
in contrasto di cielo,
deformano il tratto
lievemente ambrato
della carezza erbosa
tra capelli leggeri.
Alcova di fiabesche creature
forse elfi assorti
in dolci preghiere
o sogni di nubi
che spalancano piano
sguardi radiosi
sul nostro piccolo mondo.
IN RELIGIOSO DELIRIO
Mi porterai farfalle
sul palmo della mano,
come petali d’arcobaleno sconnessi.
Le maschere del cuore,
in religioso delirio,
resteranno mute ad osservare
valanghe di colori travolgere il mondo.
RIVE LONTANE
Rive lontane
che placide attendete approdi
di cuori smarriti,
nella carezza di nebbie
osservo il vostro sorriso languido
sfiorato da voli eterei.
Tremulo il volto del giorno
m’appare incerto nella meta
da questo vascello corroso
che custodisce l’anima.
Voce di quiete regna su queste terre,
al di là dei mondi conosciuti,
qui solo gli Erranti possono arrivare
per abbandonarsi ad indicibili sogni
nella placida culla d’acqua sciabordanti.
Ma, ahimé, pochi giungono alle rive lontane,
a sfiorare giunchiglie flessuose di vento,
poiché i loro cuori, bramosi e impuri,
rimangono impigliati nel velo di foschie.
Il canto dell’oblio, poi,
giunge inaspettato come soffio di gelo
a costruire monumenti di cenere.
Dimore di freddo marmo
assiepate tra i boschi silenti
popolano le solitudini umane,
meschine creature,
presuntuose e corrotte anime
che sgretolano il loro essere
al tocco del sole ardente.
Rive lontane, aspettatemi!
con fragili ali d’umanità
anch’io, vi sto raggiungendo.
CANCELLI
Varchi di nebbie dense
come cancelli aperti
sui giardini dell’inverno,
accarezzano marmoree figure, antiche armature
che sembrano prendere forma e riacquistare vita
lungo sentieri traslucidi d’ombre.
Tra il soffuso crepitio dei passi,
soffici foglie danzano la fine
nel profondo silenzio del nulla
come un leggero vapore che scema la terra.
Fra le dita del crepuscolo
aprirò i miei cancelli.
O cielo, fa’ che questa notte mi sia sorella
affinché possa spargere i miei bagliori
e fonderli in stelle!
COME UN CORVO
Una goccia di sangue rubino,
rosso che stinge nel blu,
s’oscura eclissando i pensieri
negli antri bui d’un qualche incubo recondito.
È forse il presagio che incombe sull’anima
come una mano che dipinge ghiacci,
è l’odore acro d’ataviche tempeste
che implacabile spazza aridi steli.
È il sapore di lacrime mischiato ad uva acerba
nel vortice d’un grido che frantuma il silenzio
come un corvo che plana rapace
sui rami avvizziti d’un gelido inverno.
AMBROSIA
Nettare divino,
capriccio di un dio pagano,
inzuppami di cieli d’anima ed inebriami
in questa notte in cui le stelle
suonano violini di luce.
Geme un angelo ai piedi di un muro infinito,
i suoi occhi hanno veli di colori,
cerco nelle sabbie e nei venti
qualcosa che assomigli a verità,
ma solo stracci di bugie nascono da albe stanche.
Ere infinite sono trascorse in queste terre,
tombe e muschi han ricoperto i prati,
i fiori della notte sono sbocciati con petali d’incanto
liberando lussuriosi profumi.
Nettare che disseti,
versa la tua essenza su questi mondi di uomini dormienti,
destali da sonni eterni che accarezzano destini,
lascia che la luce trafigga gli astri, che volino colombe,
che remino barche verso la riva,
non lasciarci in balia del buio, in città martoriate,
a levare il canto d’una preghiera muta.
Io cerco il tuo aroma nel calice di fiori di rugiada,
spargo nenie al vento che mi travolge.
Sulla strada del fiume vidi una donna …
i suoi occhi si posarono su me,
aveva un mantello di dolcezze e il volto dell’amore.
Ombra della mia ombra divenne il mio passo,
sangue del mio sangue la sua vita terrena,
ma ci divorò una bestia atroce.
Ora sono tornato al calice dell’anima
a bere questo nettare di illusione.
Lasciami ai miei sogni, donami follia,
canto con l’arpa in mano gesta di tempi che furono,
sull’orlo della notte inseguo favole impazzite.
ALI DI CERA
Carezze di crepuscolo
pervase di zagara
nel gioco di tenui riflessi
han spiegato ali di cera,
bianchissime e candide
lingue di pace
al galoppo del vento.
Forse eterei angeli
venuti dal nulla
prodighi di sogni
ed ingenue purezze.
Forse demoni arresi
alla bellezza del cielo
stanchi d’eresie infernali
o semplici ricami di luce
intarsiati d’ombre incombenti.
SUSSURRI MILLENARI
Segni di civiltà lontane
perse nella notte dei tempi,
la terra riporta alla luce
vite disperse nel cosmo.
Le pietre mute testimoni,
raccontano storie
a chi ha orecchie magiche
per ascoltare il suono del vento,
di mille foglie che sussurrano instancabili
la vita.
CHIAROSCURO
Entra una luce obliqua,
di sole dimenticato,
dalla finestra del tempo
a schiarire la scabra stanza.
Ombre in controluce
mi vengono incontro lievi,
come foglie di un autunno senza fine,
volteggiano nell’anima.
Presto il tuo volto
delinea contorni in chiaroscuro,
un canto… un sussulto…
colma siderali silenzi.
– Ti prego ombra, danza con me! –
Vestimi d’innocenza bambina,
quegli echi di risa perdute
risuonano ancora
come carillons fatati.
Sono petali di dolcezza
che piovono su noi,
visioni mai osate,
sogni d’immensità,
delitti di desideri abbandonati.
E al fine, quando tutto cessa
e il sogno si dilegua lesto
nella notte silenziosa,
resta sulla mia retina, impresso,
un chiaroscuro dal tratto incerto,
come se quella mano che disegnò
non avesse fatto in tempo
a trattenere l’attimo di luce.
L’AMORE
L’amore…
triste fantasma dei miei ieri
sparge ancora a tratti
leggeri petali sul cuore.
Come angelo ferito,
che perde le sue piume in nevicate di dolore,
ricopre i desideri di velati risvegli,
dolce il suo tocco ferisce a sangue l’anima
travolgendo i sogni in impossibili minuetti.
Arpeggi dolcissimi di malinconie
inghirlandano giorni d’autunno sfumati,
somigliano a rose dischiuse sul sentiero di lievi respiri.
L’amore…
rondine smarrita senza primavere,
archi che disegnano ombre al tramonto,
oceano ed onde
castelli di smeraldo,
draghi sconfitti da lance avvelenate… l’amore.
Eppure, m’è parso, stamane
nel riverbero d’un’alba rassegnata,
sentirlo alitare ancora in liquidi ardori
sciogliendo le sue chiome di fuoco ai miei passi.
ACACIE STRIDENTI
Nell’aria a frusciare
ibridi sonagli dai vaghi colori,
protendono il verso, leggiadro,
al sentore del vento,
nel fertile giugno delle chimere.
Sono acacie stridenti di pudiche foglie
che sfiorano magiche il velo del cuore.
LA TRISTEZZA DEL REGNO DI AWEL
Del breve passo d’un istante
si nutrono le gioie terrene,
lampi fugaci, temporali evanescenti
la luce cangiante nel ventre della foresta
cela eterni misteri,
solo i liquidi occhi di una pioggia di novembre
possono sfiorare ingenui
le foglie smeraldine del Regno di Awel.
Il re senza corona,
che regge lo scettro degli Aracnidi,
non sa che la sua regina è scivolata in una brezza d’oblio
e canta sospirando l’antica nenia del ritorno.
Ma la gioia
è cosa assai più rapida d’un batter di ciglio,
mai più i passi di colei che intrecciava margherite
accarezzeranno il mattino con petali candidi,
nelle nuvole è rimasto il suo alone,
nel vento, il profumo triste del perduto amore.
GL’INQUIETI FOLLETTI DEL CUORE
Nella penombra avvolgente
d’un pomeriggio d’estate,
un’esplosione di luce colpisce
i muri bianchi dell’anima
corrodendo ogni pietra
sulla strada polverosa di caligine.
Fasci di luce, che sembrano lame,
entrano nelle stanze sonnolente
ferendo le persiane accostate
nell’attesa di baci di luna.
E nel pulviscolo indecente,
che il sole svela denudando, danzano ora
gl’inquieti folletti del cuore.
INCANTESIMI
Ho udito voci stregate sulle soglie del buio
bisbigliare incessanti nenie ancestrali.
Invadono sentieri scoscesi,
riflessi d’indaco sfumato,
tra le foreste e i campi,
baciando lapidi addormentate d’eterno.
Nell’abside della luna, poche stelle,
ergono cattedrali di smeraldo
sulle rovine del giorno sconfitto,
mentre una pioggia di piume d’angeli feriti
trafigge l’oscurità di candida dolcezza.
Fili d’erba a frusciare come arpe celtiche,
arcaici suoni di mondi dimenticati,
risvegliano indicibili malinconie
nella danza del vento.
Sortilegi di streghe nelle caverne del desiderio
stringono in un abbraccio d’edera
le nostre passioni,
avvinghiate in un sudario febbrile.
I nostri corpi trasformano ombre
in coreografie di luminosi draghi.
Rose carminie sbocciano ad ogni nostro respiro,
elfici sussurri fremono tra le umide foglie dell’anima,
freschi effluvi d’incensi muschiati si fondono
in litanie di gufi nebbiosi
e la tua mano scivola lieve tra le guglie del cuore
come fumoso spettro etereo, imprendibile,
che accarezzando sepolcri e rovine, subissando anatemi
spezza segreti incantesimi e sigilli arcani.
FOSCHI RESPIRI
Animami!
come nella notte di plenilunio,
cadavere obliquo sui miei fianchi di cera.
Straziami!
lungo la pelle di graffi indossati
con stellati artigli di liquide ombre.
Accecami!
con occhi stregati intrisi di perle e pugnali,
suadente pressione di foschi respiri.
Stregami!
con dense parole rubate alle tenebre
intarsi netti del cuore profondo.
Uccidimi!
nell’eco rimbombante d’illusioni tragiche,
il mio lento veleno
talamo e sudario del tuo ventre oscuro.
Ora sono pronto
a far l’amore con la morte.
LONTANE ORME
E scenderò
lungo le sponde acquatiche dell’origine,
figlio di soli raggianti,
nella fertile terra madre d’ogni vita.
E lo farò con quelle mani tese
nel gesto di avere briciole di tempo,
in un sinuoso cammino d’albe antiche,
lontane orme tra il Tigri e l’Eufrate.
MIA OMBRA
Il pianto ha stuprato la città
e tu vaghi indistinta con la mia anima,
ombra, ti aspettavo, come sempre,
per inseguire la tua lunga scia oscura,
riverbero di nero, lacrima e lamento,
perduto sogno sepolto negli abissi dell’infinito.
Ho camminato per lunghe ere
con la tua presenza al mio fianco,
compagna di ore fameliche a divorare il nulla
e adesso che il gelido vento,
tristemente, scuote alberi e cuori,
scorgo un bagliore incombente rischiarare il cielo,
un’alba vicina che riscopre gli orrori del mondo,
delicatezze violate,
tenui respiri nel silenzio,
ho ancora desiderio di te, mia ombra!
CANDELABRI DI FOLLIA
Quella notte il vento trascinò i respiri
fino alle mura d’un’abbazia solenne
ombre nella danza d’un crepuscolo di ghiaccio,
occhi smarriti fra lagune silenti
e l’anima tace come lapide in oblio,
nel sussurro senza tempo
che trafigge rosoni sventrati
un mistico canto di rovi,
tremula luce di candelabri di follia.
SULLA SCIA DELL’AURORA
Rosa purpurea, gelido fiore
petalo di cristallo, profumo di cera.
Gocce di linfa tra le mani impotenti
carezze sopite nell’attesa d’un bacio
che schiuda corolle e riverberi antichi.
È danza di luci, sculture d’ombre,
occhi che seducono
nella seta di notti struggenti.
Presenze indefinite,
creature d’altri mondi,
giungono stupite nel cuore
tra fumo e vapore,
tra sogni e speranze.
Gemme di fuoco attraversano il silenzio
regalando una pioggia di miele e d’ambra,
geme l’anima nel risveglio inatteso
scivolando lenta sulla scia dell’aurora.
ATLANTIDE NEL CIELO
Ma chi ti sommerse negli oceani
se tu risplendi tra le nubi dei giorni
coi leggiadri giardini sospesi nel vento?
Genitrice di splendide passioni,
perla pagana tra spezie stregate
oro che riluce nell’oscurità del tempo,
mito nel mito, leggenda errante,
scomodo sogno di chi ti volle continente perduto.
OMBRA DELLA VITA
Silenzio,
spazio circonciso,
elastico fluttuare,
un nulla dei sensi,
un vuoto sadico,
un respiro lento di notti insonni
e giorni come vele perdute,
in un mare stanco, ferito, livido,
mi sorprendo ancora ombra della vita.
QUANDO TU DORMI
Quando tu dormi sdraiata al mio fianco, amor mio,
sei il sogno che aleggia,
il vapore sulfureo d’un mondo ignoto,
tu sei scrigno di magie e misteri.
Ed io che, come poeta, sbircio nel tuo respiro
rubando il tesoro silenzioso di quel dolce sonno.
FIGLIA DEL VENTO
Lei è nata sulle rive del Sindh
aveva lunghi capelli neri,
sua madre la lavò nel fiume
suo padre le cantò una canzone tribale.
È nata mentre arrivava l’inverno
le capanne erano fredde,
crescendo ha teso la mano, la sua voce voleva parlare
ma la gente volgeva lo sguardo altrove.
Ha camminato a piedi scalzi
e ballato sotto la luce del sole
mentre i violini sembravano piangere in musica,
e i vecchi del campo narravano misteriose leggende.
L’hanno vista fare l’amore sulla terra nuda
parlare agli animali
sfogliare i petali d’un fiore
giocare prendendo per mano i bambini del campo.
Lei leggeva il destino
vedeva l’anima riflessa negli occhi
poi in silenzio
riprendeva il suo cammino.
È una ROM figlia del vento
la sua strada è lunga e faticosa
ma è libera e felice di essere quel che è:
la vita è andare verso dove non sai.
BAMBINO SEMPRE
Mi hai chiuso gli occhi
che avevo avuto in dono
per farne pianto
ai confini dell’aurora.
S’è fatta sera
senza ch’io vedessi giorno
incatenato al limbo
e nudo di carezze.
Ti ho reso il cuore
che non ha mai ricevuto amore
sfogliando petali
agli angoli del sogno.
Non più domani
per noi che abbiamo ali
recise in volo
verso il paradiso.
Pensami stella,
stanotte veglierò in silenzio,
bambino sempre
per mano del destino.
L’ANGELO NERO
L’angelo nero è tornato
a bussare alla mia porta.
È entrato
senza che me ne accorgessi.
Nel silenzio assoluto
dei suoi passi inesistenti,
mi avvolge nel suo manto
fatto di fumo e di tenebre.
Muta creatura
della notte più buia,
mi hai preso
senza che un lamento
venisse fuori dalle mie labbra gelide,
bianche come la cera.
Ora sono anch’io una creatura della notte
una sorta di vampiro
assetato di vita, assuefatto di morte,
faccio parte del tuo mondo allucinante.
Voglio solo fuggire via, nell’oscurità,
spiegare le mie ali di pipistrello
e volare lontano
nella notte che adesso sento d’amare.
Fuori il fiume sta scorrendo,
dentro il fuoco non si spegne
mai un momento,
ed io come ti sento, io ti sento!
E tu, angelo nero,
ormai vivi nell’oscurità della mia anima
come una candela accesa
che va spegnendosi lentamente
ma che non si consuma.
BIMBA
Quella notte,
avvolta in una nuvola calda,
una pallida luce nei tuoi occhi
sussurrava mille parole,
nascondeva mille segreti.
Ti guardavo,
ascoltavo il tuo respiro,
sentivo i tuoi pensieri scivolare nel regno delle ombre.
Avrei voluto seguirti anche lì
per proteggerti nel sonno,
tenerti per mano,
stringerti,
ascoltare battere il tuo cuore.
Ma sono rimasto immobile a guardare il tuo viso.
Angelo che socchiudi gli occhi,
nell’istante in cui abbassi le palpebre,
porta nei tuoi sogni
il mio ultimo sorriso per te.
Il tuo viso
si distendeva dolce come non mai
mentre la mia mano scivolava leggera
donandoti sulla guancia l’ultima carezza.
Dormi bimba mia, ti sussurravo piano
per non svegliarti,
e vicino a te provavo a chiudere gli occhi anch’io
come fossi di colpo tornato bambino nella culla,
e insieme attendevamo la nuova alba
mentre nel soffitto, anche quella notte,
brillavano miriadi di stelle.
MIA DOLCE REGINA
Non avrai mai più il suo sorriso
immobile è l’immagine nei tuoi occhi,
il regista ha chiuso il sipario
straziante fine di una lunga sofferenza.
Mia dolce regina, di questo teatro
ascolta gli applausi della platea,
il sentito ringraziamento
per un’esibizione mai stata così vera.
Ora che sei più leggera dell’aria,
non aver paura di volare,
perché non potrai mai più cadere.
Lentamente abbandoni te stessa
e, in un istante lungo una vita,
rivedi tutto ciò che è stato
e che mai più sarà.
Invano tengo stretta la tua mano
mentre le lacrime mi solcano il viso,
tu sei già in paradiso.
Sento ogni giorno la tua mancanza,
ma mi basta alzare gli occhi al cielo
e guardare il sole,
ogni suo raggio mi porta il tuo sorriso.
SILENZI
Suonano rintocchi nella mia mente
fragili oasi di rimembranze lontane
sentieri e odori, ombre e querceti
divine corse infantili.
Di te tutto mi parla,
sei come il vento
l’aria
il dolce canto d’uno scricciolo,
e dipingo la mia anima di ricordi,
il mio pensiero cerca improbabili fughe.
L’eco dei tuoi silenzi
annebbia ogni attimo, ogni vuoto.
Dove sei impalpabile luce
che perenne mi perdo a cercar?
SULLE ALI DELLA FANTASIA
Per tutta la vita ti ho cercata
graziosa adolescente io ti ho sognata
e nel mio cuor già dipinti
v’erano i tuoi quadri pieni di colori e fantasia.
E un bel giorno di primavera
la tua voce lontana l’ho sentita vicina
mia dolce principessina,
finalmente hai trovato il tuo amato principe.
Nel tuo mondo fantastico sono entrato con te
rivivendo le fiabe nei tuoi quadri dipinte
rifugiati insieme come creature senza tempo.
Abbiamo viaggiato nel cielo ricco di luci e colori
accarezzati dal sole e cullati dal vento,
abbiamo cavalcato vicini le ali della fantasia.
In quel mondo bambino tutto brillava
ed era trasparente, ed era luminoso
e come nelle fiabe tutto era possibile.
QUANDO I NOSTRI SOGNI DIVENTERANNO AMORE
Mi lascerò trascinare dal vento
ascoltando la dolce melodia dei gabbiani,
diventerò leggero come una piuma
e navigando tra oceani di nuvole, ti ricorderò.
Con la punta delle dita sfiorerò le stelle,
e mi nutrirò della loro luce,
danzando tra magiche aurore.
Volerò come un angelo immortale
e a cavallo di una stella cometa,
giungerò sino in fondo al tuo cuore.
Sfiorando leggermente le nostre labbra,
ci guarderemo ancora una volta,
ed esalando il nostro ultimo respiro,
ci baceremo all’infinito
trasformandoci in polvere di stelle.
E ci rivedremo in un’altra vita,
quando saremo tutti e due sogni
o quando i nostri sogni diventeranno amore.
OBLIO DI SENTIMENTI
Fra le tenebre di questo mondo
stolti e scellerati ansimano
per il dominio di se stessi
e la soppressione degli altri.
Ma in quest’oceano di maledetti,
magnifica la natura
mi ha concesso l’immensità dei tempi,
l’infinita profondità degli spazi,
la tua divina esistenza
che sola mi aggrada e mi conforta
in quest’oblio di sentimenti.
IL RISVEGLIO
Tu che sei nato in estate
quando la terra è gravida
e l’aria è satura di fragranze e sapori,
di colori vivi e di luce accecante,
forse non ami l’autunno.
Gli uccelli migrano lontano
lasciando la terra desolata
a ricordare nel sopraggiunto silenzio
l’eco delle loro grida nel cielo.
La luce del sole è ormai timida nel comparire,
le nuvole nella notte trasformano la luna piena
in un riflesso opaco.
Ombre scure hanno preso il posto delle case
ed hanno contorni indefiniti e tremanti.
L’anima del mondo si è incarnata altrove
e tu ne erediti le spoglie.
Eppure,
se riuscirai a soffermarti per un istante fra i rami spogli,
ad ascoltare il vento che spazza via le foglie morte,
a lasciarti accarezzare dalla pioggia sottile che rigenera i solchi,
ad amare questa terra nuda e fredda
attraverso le tenebre che l’avvolgono,
ti accorgeresti di un respiro sommesso,
del battito lieve di un cuore che sta riposando.
E se saprai attendere paziente il risveglio,
allora, avrai per te una terra vergine da fecondare
e fiori e frutti riempiranno le tue mani,
e nei tuoi occhi brillerà la luce
d’un giorno senza tramonto.
E udirai nuovi sussurri, nuove grida che avranno il tuo nome
e stormi di uccelli che si libereranno per te soltanto
imbastendo danze d’amore
sulle note di una musica scritta per te
dalle acque dei ruscelli.
Ed il vento ti porterà in un viaggio senza fine
accarezzando il tuo sorriso perché non svanisca,
il sole penetrerà le tue membra
per infondere calore e forza
e sarai stordito di profumi inebrianti
che rapiranno i tuoi sensi fino a confonderli.
Allora,
e solo allora, mi incontrerai di nuovo
e guardandomi, non mi riconoscerai.
IL TUO ANGELO BAMBINO
In segreto,
un amore ti dorme accanto,
muto e invisibile,
ha soltanto occhi per guardarti
e mani che non possono stringerti.
Della sua malinconia non ti accorgi
quando lo guardi e non lo vedi,
quando lo accarezzi e non lo senti.
Come un fantasmino si aggira per la stanza
urla a volte per destarti dal sonno ma invano
e poi di nuovo tace
vinto dalla tua indifferenza
più solo e più piccolo di prima.
L’ABISSO
Ho spiato l’abisso dell’anima mia
spalancando gli occhi incredulo
a quel buio senza fine, senza luce.
Ho teso la mano
a toccare il fondo
dove frammenti vagano
in cerca di pace.
Un dolore profondo a fiotti
come magma infuocato
travolge ogni cosa.
Ferite aperte
mai rimarginate
ormai senza più riposo
anelano carezze.
I miei occhi impotenti
ora scrutano tutto il mio dolore,
nel buio piangono lacrime
che brillano di sole.
SPREMI IL MIO SUCCO
Spremi il mio succo ragazza!
spremi tutta la vigna
e beviamo sino ad esserne ebbri
che anch’io sono pazzo di te
e di nuovo ardo di febbre.
Spremine ancora e ancora
e riempi la coppa proibita
per brindare sorella all’aurora
splendida amante della vita.
ERA UN GIOCO
Le rincorse sui prati
quell’acchiapparci
per finire lottando fra l’erba
… era un gioco.
Era un gioco
il mio corpo sul tuo
e trattenerti vinta per terra,
posarti la testa sul seno
aspettando che il respiro
tornasse leggero
… era un gioco.
Era un gioco
la prigionia contro i sassi
del muretto tra i rovi,
il tuo viso offerto nel sole
la dolce schermaglia dei fianchi
… era un gioco.
Ma quel gesto in più,
la mia incontrollata reazione,
la follia che ci prese
e che ci sconvolse la vita,
era un gioco dal quale
non abbiamo più fatto ritorno.
MEDUSA
Chioma di Medusa
ha i suoi tentacoli stesi sul letto.
Salice piangente
sul colle d’illusioni,
la luce dell’alba l’accende
fonde le fronde col cielo infuocato,
disegna l’ombra e il profilo
amaro e sommesso … dolce e sottile …
… fiero e slanciato.
Occhi penetranti come fari di luce,
inestinguibili fonti di vita,
pozzi profondi, impercepibile essenza
dolce presagio di un amaro futuro
prova incombente di vita e di morte.
ANIME GITANE
Abitano una terra di confine
piccole Charlot in blue jeans,
crisalidi incantate,
figlie di Veneri avare e rinnegate.
Hanno sguardi intensi e fuggevoli
e corpi sprofondati nei maglioni,
a proteggere anime gitane senza casa.
Vivono il sogno sospeso
di adolescenti cresciute
e di donne mai trovate,
cercando in un volto lo specchio
che rifletta quella parte di esse perduta.
STELLA DEL MATTINO
Bentornata stella del mattino
ancora dai miei occhi sgorga pianto:
che giorno è questo in cui tu dormi ignara,
mentre io già veglio sui miei fantasmi antichi?
Ti sveglierà l’odore del bosco
e il lento dischiudersi di altri baci.
Avrai suoni e colori anche per oggi.
Io, soltanto la tristezza.
ASCOLTA
Per quel che vale anche tu ascolta
non riesco a sbiadire il volto
disegnato nella mappa della memoria,
contorno scuro
chioma di inchiostro e di seta.
La tua voce rauca richiama
lacrime come di rime sparse.
E ti posseggo solo
con parole che ripeto
magia di nenia o canto,
voce che si incunea
fra i lacci della vita,
su ciglia chiuse.
Dimmi: sei una donna o una strega?
le tue labbra dolce pretesto,
nei tuoi occhi la magia:
una bugia!
La tua malizia mi accende
il corpo mi rendi
e l’anima vendi.
Io ti seguirò
annientandomi,
fino a frantumarmi nella tua follia.
PASSIONI FRA DONNE
Danziamo molto vicine
ma non ci tocchiamo,
una specie di intimità sessuale ben presto
ci costringe a usare le mani.
La notte è calata su noi
ma la musica ci riempie di energia,
è eccitante spingerti su me,
adoro sentirti mia.
Bere dalla tua bocca
ha un significato purificante per la mia arte,
è così inebriante il tuo odore,
sai che hai la voce sensuale.
Sei divina, così aggressivamente tenera,
farò di tutto per raggiungerti in quella sfera magica
delle nostre menti che non sanno spegnersi
nemmeno quando il corpo sa di anima.
Perdonami se non ho parole
per dirti quanto ci tengo alla luce
che vedo nei tuoi occhi,
siamo in pochi
ad averla ancora.
Stringimi, baciami, mordimi, abbracciami!
Non voglio restare sola
ora che tu con un sorriso
cacci via ogni malinconia.
Non posso che cercare
di fare del tutto per renderti mia
perché sei splendida, splendida, splendida
così come sei.
L’ANTIMATERIA DEL CUORE
La persistenza del cuore,
vorrei che questa cenere
ti desse il segno che tu non sai.
Ali di farfalla nella notte,
il viaggio senza fine,
il tuo profondo desiderio della terra australe.
Siamo noi il confine, l’antinomia,
il duro esserci per inerzia.
La materia opaca del corpo
per desolare il desiderio,
solo gli occhi con un cenno vanno oltre.
E mi dicono gli insonni spiriti dei luoghi siderali
che nelle lacrime di Orione c’è l’amore ignoto
come quando sul pontile ti chiesi un bacio che mi desti
ma te lo vidi poi chiudere in cassaforte
come un gioiello di antenati.
Ma sconosco la chiave
che gira a vuoto per questo silenzio di galassie
sparse nel cosmo vagabonde,
sento che l’antimateria del cuore
è labile cometa
visibile nella sua traccia di contigua assenza.
PAGLIACCETTO AZZURRO
Leggevo tempo fa
le tue poesie,
piccolo arcobaleno ribelle,
scheggia di sorriso
e di follia,
fra la stanchezza generale
che invade la gente.
E mentre sfogliavo le tue pagine,
ti vedevo
pagliaccetto azzurro
saltellare fra la rugiada,
nei fiori giocare,
coi fili d’erba
burlati dal sole,
amare la notte,
e poi morire
in un’autostrada di parole.
Quanta tenerezza mi susciti!
il mio mondo alla tua età
era così simile.
Vorrei dirti pagliaccetto azzurro
non smettere mai di sognare
ma non sarebbe giusto, ti farei del male.
Siamo rimasti entrambi su una giostra di colori
forse non riusciremo mai ad imparare a vivere.
AL DI LÀ DELLA SIEPE
Odore di foglie di menta
bagnate in una notte estiva
circondate dalle lucciole
nel giardino della mia infanzia.
Ascolto,
a testa in giù come un acrobata,
l’eco delle tue parole
incontrare i miei pensieri,
sottile momento di comunione
al di là della siepe.
IL MIO DELIRIO
Cosa vedo,
dai miei occhi trapela solo pensiero,
solo erosione che non mi appartiene,
amore che sfugge al mio delirio,
passione che arde
nell’oscurità dei miei giorni.
Vedo potenti fiamme bruciare una casa
eppure non è per me
il chiarore che giunge alla mia vista,
devo lasciare che bruci sola
senza poterla salvare,
però dentro di me un vortice di sensazioni
scuote la mia mente.
Il mio corpo vibra in una danza impazzita,
si agita,
è rovente,
vuole amore,
ma dove cerco, non trovo nulla,
solo gelido inverno.
Mi trapassa,
mi gira intorno,
mi lascia ferite sul corpo,
mi dà dolore.
Ora un fuoco riscalda la mia pelle,
toglie l’antica solitudine,
eccita i miei sensi,
dà pienezza alla mia anima
e mi libera da lei.
MAGICA NOTTE
Mi giungi nell’anima, magica notte!
che hai ridato il sorriso al mio volto,
uno sguardo ai miei occhi.
Ho incontrato i tuoi, unici
perfette lagune di sogni
e tutto il mio corpo vibra
attendendo di immergersi ancora in essi.
E respirare la tua aria
assaporare la tua vita
sarebbe il sogno a cui la mia anima
vorrebbe aggrapparsi
per far divenire tutto
calda estasi.
Tu magica nella tua perfezione di donna,
nelle tue dolci labbra
sulle quali vorrei morire
lasciando i miei sensi in delirio.
Tu o notte,
ipnotica visione
che non voglio dimenticare
lasciami il tuo ricordo,
un tuo momento.
Tenderò le braccia a te
anima che delicatamente ti scopri a me.
Ti toccherò con la mia,
ti avvolgerò con il mio amore,
ti darò pressante passione,
ti offrirò tutto me stesso,
il mio delirio per te.
AQUILA DALLE GRANDI ALI
Salti per il mondo
e in cima in un attimo ti ritrovi,
da quell’altezza sei tu la padrona,
niente potrà più fermarti.
Aquila dalle grandi ali
ti stagli di profilo,
i tuoi occhi
puntano la preda.
Cosa ricordi di te stessa?
forse il fiore che ti generò,
il respiro del fuoco,
l’aria aperta.
A chi somiglia?
della natura sei complice
bocca bellissima.
Non avrò timori,
il sentiero è dritto
e la ghiaia bianca.
L’erba che raccoglierai
sul ciglio ti basterà
e gli anni futuri
ti vedranno fiera
in cima alla montagna.
Ed io saprò dove cercarti:
nel tuo nido.
ESTASI LUNARE
Vedo l’inviolabile notte implorare,
mi muoverò lentamente in un arido silenzio
come un gatto protetto dalla sua torpidezza,
cullerò un’infinità di rumori e di fumo
e a stento la notte ritroverà la sua pace.
Vedo un lucente angelo esanime,
infido torcerò gemme colorate
e vagherò nudo, tedioso e inerte
tra i docili fremiti degli antri di donna
e a stento l’angelo ritroverà la sua forza.
Vedo un’incantevole regina piangere,
rifiorirò tra le grinfie dell’amore e della vita
nel perduto e meraviglioso oblio rosso
sussurrando poesie tra le spire d’una stella
e a stento la regina ritroverà il suo sorriso.
Vedo una bambina perdere la sua infanzia,
insidierò ancora l’umidità delle tentazioni,
eviterò l’abbaglio dei cristalli
cancellando anche il sapore della nebbia
e a stento la bambina ritroverà il suo gioco.
Ma nel solenne splendore delle mie visioni
della notte, dell’angelo, della regina
e persino dell’innocente bambina,
attenuerò il lacerante taglio dei ricordi
e danzerò nell’estasi lunare.
ADOLESCENTE LUNA
Erano brevi attimi di buio
interrotti da labbra di neve,
addolciti da profumi d’incenso
e deliziose manie.
Era l’estate appagante
nella sua rossa solitudine
assordante di rumori al sapore di grano.
Ti adoravo mia adolescente luna,
disegnandoti sul mio diario segreto
illuminavi i miei giorni confusi, le notturne paure,
e le memorie ancora acerbe prendevano forza
in una danza eclettica di ondeggianti stelle.
Eri mia, lunghi fianchi sinuosi
distesi su letti d’argento,
e lì riappariva il mare nella sua immensa distesa.
Oggi che i miei giorni si consumano di vecchiaia,
sei ancora mia
attraverso rughe di arrugginite memorie.
CREATURE SAFFICHE
Svelatemi
o Numi del cielo
o amabile Venere
o chiunque abbia creato l’Eros,
svelatemi vi scongiuro
l’arcano mistero di costoro:
son giovanissime dee puttane
e dolci figlie di Saffo?
Ninfette in amore,
amabili creature saffiche
con i loro giovani corpi nudi
attorcigliati e avvinghiati uno sull’altro
fino a formarne un solo.
Anima nell’anima
respiro nel respiro
fiamme di paradiso.
Acerbi potentissimi sensi
scambiatevi lancinanti effusioni,
esplodete di malizia e innocenza.
Brividi, sussulti e fremiti
son lugubri rintocchi di messa funebre,
orgasmi, orgasmi e orgasmi
rosari sussurrati nel silenzio della chiesa.
Grazie potente Zeus
grazie divinità tutte dell’Olimpo
per avermi donato occhi
che possono ammirare
così celestiale visione.
Perdonami Dio della bontà e della purezza
ma io non so rinunciare
alla tentazione di quei corpi.
CHE BELLA SEI
Scorre la pioggia su di noi,
che bella sei!
sembri un cucciolo
infreddolito, stretto nelle tue spalle.
È bello il rumore
dell’acqua sull’asfalto tra pozzanghere di specchi
e aghi di pioggia che cadono giù.
È dolce sentire
il tuo corpo umido
contro il mio, bere dalle tue labbra.
Vedere i tuoi capelli gocciolare
arruffati selvaggiamente
stupendi nel loro disordine.
Che bella sei!
troppo bella per essere tangibile,
per essere mia.
Sento che sei parte di un sogno
ed ho paura di svegliarmi,
vorrei morire dormendo
con te al mio fianco.
IL RESPIRO LENTO DELLA FINE
E odo soltanto
l’impercettibile canto delle farfalle
quelle ebbre di vita nel loro ultimo giorno.
Il respiro lento della fine
ancor più mi strazia le carni,
mi indica il sentiero.
Una spirale di nebbia mi avvolge,
i rovi fermano i miei passi,
in lontananza un pallido sole
allunga le ombre dei cipressi
che come antichi guardiani scandiscono il mio tempo
con le loro lance sugli scudi di bronzo.
L’EFEBO NELL’ANTICA GRECIA
Che splendor mio grazioso giovinetto
quasi femmineo puro tutto ben curato
sii pronto su è giunta l’ora
d’esser da viril uom sodomizzato.
Oh si è bello è natural
e l’accoppiamento sai è gran giusta cosa
eroe e signor diman anche tu sarai
assai degno di fedele sposa.
Che aperte menti pensatrici
avean quei greci valorosi!
oggi mamma mia che tabù sarebbe
s’aprirebber celle per ricchi e per morosi.
Come corri in fretta pazza civiltà
c’è internét altro che lontan caverne
siam del progresso già tutti robots
e al natural piacer addio senza più goderne.
Così Sant’Uomini col mal dentro Sé stessi
san trovarlo ovunque persin dove non sta
e ciò che con durezza sono pronti a condannar
in segreto è praticato in Lor Sacra Autorità.
IO L’HO VISTA
Io l’ho vista
quand’ero ancora adolescente e mi sentivo solo
in un freddo pomeriggio d’inverno,
nel silenzio,
in quella grotta buia coperta da fronde.
L’ho vista
nella sua nudità d’angelo
librarsi in volo con le sue ali dorate,
mi ha parlato
con la sua voce dolce e suadente.
L’ho vista, lo giuro!
anche se nessuno mi vuol credere,
mi ha detto di non svelare il suo segreto
che da allora è anche il mio.
Nella notte delle stelle cadenti
sono tornato nel punto dove mi è apparsa
ma non ho veduto più nulla
silenzio assoluto anche del vento,
ma una luce brillante si è accesa
subito dopo che sono andato via.
Da allora la Madonna non ha mai smesso
di comunicare con me proteggendomi e guidandomi.
IL CLOWN
Se in questa vita proprio devo fingere
voglio essere un clown
un trasformista multicolore
che diverte il mondo scherzando di sé.
Voglio essere l’arcano numero zero,
l’amico dei bambini,
il nano di corte, il giullare, il folletto.
Voglio essere il folle saltimbanco
che entra in scena,
che rompe gli schemi,
che fa ridere i cuori,
che sa indossare sulla guancia dipinta
una lacrima vera camuffata per finta.
Sarò triste come Pierrot
o forse allegro come Arlecchino,
non so neanch’io quello che diventerò.
LETTERA AD UN AMORE LONTANO
Messina 16-12-1989
È quasi Natale ormai ma non è più festa per me,
ogni giorno è uguale all’altro.
Io lo so che in paradiso
non si può vivere per sempre,
ma nei tuoi occhi l’infinito
libera la mia mente,
se potessi io ti raggiungerei dovunque.
Sei tu
che mi fai sognare, ridere, impazzire.
Sei tu
che mi dai il coraggio di ricominciare.
Con te
ci sarà ancora tutto da scoprire
ed io so già
che la mia vita cambierà colore.
Ma tutto ormai appartiene al passato
e sembra non avere futuro.
Oggi cammino da solo per le strade ricche di addobbi natalizi
straniero anche per me stesso con la sola compagnia di lacrime che sanno di sale,
non so dove vado né se sto vivendo.
Mi sono guardato riflesso allo specchio
la barba lunga, i capelli arruffati
io sono cambiato sai
ma si è abbruttito pure il tempo, non si vede più il sole.
Quando l’aria si trasforma all’improvviso
e la tramontana sale,
è il mio cuore che mi chiede dove sei
e proprio in quei momenti tristi,
mi rendo conto che lunghe distanze
ormai mi separano da te.
Una sottile crescente malinconia
allora mi prende sempre più
e sembra che mi arrivi da lontano il calore della tua pelle,
mi par di sentire il suono della tua voce,
il ritmo regolare dei tuoi respiri sul mio petto.
E mi lascio andare così
alla dolce melodia di questi pensieri
e dentro di me fra mille paure
conservo ancora il tuo fuoco.
Giuliana, io darei qualunque cosa per rivederti un solo istante,
mi chiedo se è lo stesso anche per te.
Con amore, tuo Claudio
SOLO NEL CIMITERO DEI VIVENTI
Solo,
insieme a mitiche creature,
mi cullo su un filo di ragnatela.
Navigo nel mondo
su di una zattera fatta di sogni,
le mie vele idee immorali,
i miei remi i miei peccati.
Solo,
con arti di plastica
che sfiorano il mio corpo,
lo scuotono in convulsi balli tribali,
in un vortice nero perdo me stesso
per ritrovarmi vuoto
senz’anima.
Solo,
sotto la pallida luce
di una sterile luna invernale,
vago per il cimitero dei viventi
che chiamo casa.
Solo,
attraverso la linea di confine,
unico superstite di un’era di scintille e ferro,
passo al di là dello specchio.
Le mie orme si confondono con quelle del mio clone
nell’arido deserto dell’Ade.
ACROBATI
Emozioni sul trapezio della vita,
equilibri instabili di cuori in bilico,
questo è il nostro destino,
essere acrobati
rappresentare ogni giorno noi stessi
ora guitti, ora attori dai mille volti,
capaci sempre di carpire l’ultimo applauso,
sempre pronti a giocare con il fato.
Nella notte offriremo lo spettacolo più bello,
saliremo sul ciglio della luna,
saremo giocolieri delle stelle,
cammineremo in punta di piedi nei sogni dei bambini
e strapperemo loro lo stupore più innocente,
salteremo di cuore in cuore.
Questa è la nostra forza,
questa è la nostra scelta:
essere equilibristi di noi stessi.
I SEGRETI DELLA LUNA
Per ore lunghe e lievi
ho scrutato i segreti della luna,
e senza accorgermi,
una notte dietro l’altra,
ho cercato una forma di vita
sul suo pallido volto
per colmare questo purpureo calice
ancor vuoto.
È vero,
eterni sentimenti ci uniscono,
e come lupo in fuga,
orfano d’eteree rimembranze,
tendo le mani e la ricerca
nel mezzo dei suoi argentei fili,
chioma di madre celeste.
Non sogni o fatue visioni,
non amori o delitti,
non tormento o quiete
a cui abbandonarsi
finché lei resta lassù
con il capo chino
sulle mie mani aperte.
DESIDERIO D’INCONTRARTI
Non ho mai conosciuto amore alcuno
in quest’orrido deserto della mia esistenza.
Solo miraggi inconsistenti e sogni naufragati nel nulla.
Eppure il mio cuore mai domo
anela ancora a te mia sconosciuta compagna
brama il tuo amore come acqua nel deserto.
Se solo potessi trovarti finalmente!
regalarti tutti i miei scritti
accuratamente custoditi sin da bambino,
narrarti con foto e diari la mia storia
di personaggio fuori dal comune eternamente solo.
La mia smarrita anima bambina
ora contesa tra l’amore divino e quello terreno
reclama nel silenzio di un disperato grido senza voce
una sua realizzazione,
una meta da raggiungere.
Se solo mi rendessi conto
che tu non puoi esistere
per colpa del mio io troppo particolare,
forse me ne farei una ragione
rassegnandomi.
Soltanto Dio, se vuole, leggendo le nostre menti
può incrociare il tuo sentiero col mio,
annullando qualunque distanza
ogni segreto.
Nel desiderio d’incontrarti
che dura ormai da tutta una vita,
in un’età in cui forse non è più lecito sognare,
un po’ ridendo e un po’ piangendo
rimango ancora quell’adolescente
in attesa e primo amore.
UN PALLONCINO COLORATO
Ma chi sono veramente io?
Ha senso cercare di scoprire me stesso?
Inseguire uno spettro senz’anima?
Io troppo piccolo
tra tutta questa gente che popola la terra,
insignificante
rispetto alla grandezza dell’universo.
Un palloncino colorato
sfuggito di mano ad un bambino
che vola sempre più in alto
fino a sembrare un puntino lontano.
Poi
sparisco del tutto
privo d’identità
senza storia.
IL GIARDINO INCANTATO
La bimba dagli occhi assonnati
e con indosso un pigiama bianco,
come sonnambula entra nel giardino incantato
e vede cose mai viste:
statue di cera ed animali parlanti
creature fiabesche e divertenti folletti.
Strane piante ora la spiano
alberi fioriti sussurrano la primavera.
Mille lucciole danzano a festa
bellissima fate muovono bacchette magiche a ritmo di musica
fanciulli fantasmi giocano a girotondo tenendosi per mano.
In fondo a quel giardino fatato
come fosse un regalo per lei
la bimba osserva stupita una vecchia sedia a dondolo.
Si siede felice
chiude i suoi occhietti
e ogni cosa scompare.
FARNETICAZIONE
Ho visto un topo inseguire un gatto
una formica spingere l’elefante
e una gazzella sbranare il leone.
Ho visto anche un nano alto
un bambino vecchio
ed il nero diventare bianco.
Ho visto poi tra fuochi di ghiaccio ed inverni estivi
ciechi vedenti e muti parlanti
lupo e agnello passeggiare insieme.
Ho visto infine il Messia
predicare nel sinedrio e nella sinagoga
di Gerusalemme.
Lo condannarono a morte
con una corona di uva rossa.
Ho raccontato ciò che ho visto
mi hanno internato in un manicomio.
ALTI E BASSI
Nella pace di questa sera
attendo la tempesta.